Come si festeggiava il Natale in passato: usanze, tradizioni e curiosità

Come si festeggiava il Natale in passato: usanze, tradizioni e curiosità

Come si festeggiava il Natale in passato: i simboli, le tradizioni, tutto quello che fa Natale oggi deriva da antiche leggende, folklore, suggestioni e storie d’amore e fede

La magia di dicembre è qualcosa di unico. Arriva all’improvviso, e, anche se ogni anno si ripete, è sempre un po’ una sorpresa, sempre come se fosse la prima volta. Le prime luci iniziano ad accendersi nelle strade, sui balconi delle case. Qualcuno non aspetta nemmeno la fine di novembre per applicare le luminarie su cespugli, alberi, finestre, che non è mai troppo presto per evocare l’atmosfera natalizia. Il profumo di arancia e cannella invade le case, e un’emozione sottile ci avvolge, mentre iniziamo a pensare ai regali, a quello che cucineremo per la Vigilia, o per il pranzo di Natale. Pensieri normali, quasi scontati, anche se sempre così confortanti. Ma vi siete mai chiesti come si festeggiava il Natale in passato? Da dove arrivano davvero le tradizioni che, ogni anno, ci ritroviamo a ripetere quasi senza pensarci?

Molto di quello che facciamo a Natale non è nato ieri: è passato di mano in mano per secoli, cambiando forma, ma non l’emozione. Il Natale che conosciamo oggi è un miscuglio affascinante: un po’ di riti pagani, un po’ di cristianesimo, un po’ di abitudini popolari che si sono infilate dentro le Feste quasi in punta di piedi. E ogni cosa che facciamo, l’appendere una ghirlanda, preparare un piatto “che si fa da sempre”, scambiarci un regalo anche quando non sappiamo cosa prendere, è frutto di un retaggio lontanissimo che ancora ci accompagna.
Un tempo, nel pieno dell’inverno, quando le giornate duravano un soffio e la luce sembrava sparire, i nostri antenati celebravano proprio questo: il ritorno del giorno, del sole. Oggi non ci pensiamo più, ma quel desiderio di luce continua a guidare moltissimi dei gesti che facciamo durante le feste.

Ripercorrere come si festeggiava il Natale in passato ci fa capire una cosa semplice: quello che facciamo oggi non è nato ieri. È il risultato di secoli di abitudini, riti, idee che si sono sovrapposte una sull’altra. Dai Saturnali ai riti del solstizio, dal Cristianesimo alle tradizioni di paese, tutto ha lasciato un segno.
Molte delle cose che facciamo oggi sono praticamente le stesse da secoli: scambiarci i regali, preparare una tavola più ricca del solito, appendere decorazioni con rami verdi, accendere luci quando fuori fa buio presto. Altre tradizioni si sono trasformate, certo, ma l’intenzione dietro è rimasta la stessa.

addobbi nordici

Leggi anche:

Addobbi natalizi nordici: calore, legno e luci per un Natale accogliente
Addobbi natalizi nordici: calore, legno e luci per un Natale…

i simboli? L’albero, il Presepe, Babbo Natale, le stelle, le candele, i colori del Natale… ognuno porta con sé un pezzo di storia. Sapere da dove arrivano non rovina la magia; se possibile, la amplifica. È come scoprire che un oggetto che hai sempre avuto in casa ha una storia che non conoscevi.
Riprendere in mano queste tradizioni significa, in fondo, concedersi un po’ di tempo. Niente corse, niente “devo fare tutto”. Solo il gusto di vivere quei piccoli gesti che fanno atmosfera: spiegare ai bambini perché si accende una candela, appendere una decorazione che magari era della nonna, ritrovarsi in cucina a scegliere i biscotti da fare. Questo è forse il lato più bello del Natale: mentre fuori tutto sembra andare sempre più veloce, noi possiamo permetterci di rallentare un po’.
Il Natale che viviamo oggi tiene insieme il passato e il presente, i riti più antichi e le abitudini di famiglia che abbiamo costruito negli anni, tradizioni che vengono da molto lontano e piccole storie familiari note solo a noi.
E alla fine è questo che colpisce: l’idea di far parte di qualcosa che ci supera, di una storia lunga che non inizia con noi e non si esaurirà con noi. Una storia che continua ogni volta che qualcuno, in qualunque casa, decide che è arrivato il momento di prepararsi al Natale.

animali natalizi

Leggi anche:

Decorazioni con animali natalizi: renne, orsi polari e altri simboli del Natale
La magia degli animali natalizi: quando le decorazioni di Natale…

Le origini del Natale: i Saturnali

Per capire da dove arriva davvero il nostro Natale, bisogna tornare parecchio indietro, fino all’antica Roma. Prima che la nascita di Gesù diventasse il centro di tutto, i romani chiudevano l’anno con i Saturnali, una settimana intera di festeggiamenti dedicati a Saturno. Cadevano proprio a fine dicembre ed erano tutto fuorché sobri! Musica, banchetti, regali, e un’atmosfera che oggi definiremmo senza problemi una totale baraonda organizzata. Immaginate Roma tra il 17 e il 23 dicembre: niente lezioni, tribunali chiusi, niente guerre da iniziare o condanne da eseguire. Per qualche giorno si fermava tutto, come se qualcuno avesse premuto il tasto “pausa” sull’Impero. Le strade si riempivano di gente che rideva, cantava, mangiava, una specie di capodanno anticipato, ma molto più caotico e libero.

La natività di Gesù

Leggi anche:

La natività: storia della nascita di Gesù
La nascita di Gesù è un evento cardine per i cristiani, uno dei misteri più solenni per l’umanità. Ogni anno…

L’idea alla base era ricordare l’età dell’oro, quel tempo mitico in cui Saturno aveva governato il Lazio e, almeno nei racconti, tutti vivevano in pace, uguali e senza fatica. E così, per rievocare quell’armonia, durante i Saturnali succedeva l’impossibile: gli schiavi cenavano con i padroni, potevano parlare liberamente, si scambiavano i ruoli, e la città eleggeva perfino un “finto re” della festa, sorteggiato tra la gente comune, che girava per le strade vestito di rosso e con abiti appariscenti.

Ci si scambiava anche doni semplici, le strenne, che potevano essere candele, piccole statuette di terracotta o dolci fatti in casa. E per le strade risuonava sempre lo stesso saluto: “Io, Saturnalia!” una specie di “Buone feste a te e famiglia” ante litteram.

Il momento clou arrivava il 25 dicembre, giorno del Dies Natalis Solis Invicti, la festa del Sole che “non viene mai sconfitto”, quello che, dopo il solstizio, ricomincia piano piano a farsi spazio tra le giornate corte. Era un modo per dire: “Ok, l’inverno è duro, ma la luce sta tornando”.

Quando poi, nel 380, il Cristianesimo diventò la religione ufficiale dell’Impero, la Chiesa fece una scelta molto pratica: non cambiò la data. Semplicemente, alla celebrazione del Sole sovrappose quella della nascita di Cristo. In questo modo le persone non si trovarono a rinunciare alle feste a cui erano abituate, e molte tradizioni poterono continuare a vivere, solo con un significato nuovo.

Per questo molte di quelle usanze sono arrivate fino a noi, magari cambiate, certo, ma ancora vive sotto la superficie delle nostre feste.

dies natalis

Leggi anche:

Dies Natalis: il giorno in cui si nasce al cielo
Dies Natalis: il giorno in cui la morte diventa nascita, e l’anima rinasce alla luce…

Come sono nati i simboli del Natale

I simboli che oggi consideriamo “tipicamente natalizi” non sono nati ieri, e spesso la loro storia è molto più sorprendente di quanto immaginiamo. Conoscerla ci fa guardare alle nostre decorazioni con occhi diversi, come se ogni oggetto avesse qualcosa da raccontare. E forse è il caso di sfatare un po’di falsi miti sul Natale!

5 falsi miti natale

Leggi anche:

5 falsi miti sul Natale
Tutto quello che sapete (o credete di sapere) sulle Festività natalizie. 5 falsi miti sul Natale tutti da sfatare!…

L’Albero di Natale

Molto prima che il Natale fosse quello che è oggi, gli alberi sempreverdi avevano già un loro peso per i popoli del Nord Europa. Durante il Solstizio d’Inverno, lo Yule, i germani portavano in casa rami di abete semplicemente per ricordarsi che là fuori, anche se tutto sembrava fermo e gelato, qualcosa continuava a vivere. Quel verde in mezzo al bianco era una specie di messaggio: è buio, fa freddo, ma la vita non è sparita, la primavera tornerà.

L’Albero di Natale come lo intendiamo noi, invece, arriva molto dopo. Di solito si cita la Germania del Cinquecento. C’è questa bella storia su Martin Lutero: una sera d’inverno, camminando nel bosco, pare che si sia fermato incantato a guardare le stelle che brillavano tra i rami degli abeti coperti di neve. Un’immagine così bella che volle provare a replicarla come poteva. Tornato a casa, provò a ricreare quella stessa magia: un albero, qualche candela, e la luce che tremolava proprio come in quel bosco innevato. Da lì, l’usanza iniziò a diffondersi lentamente, fino ad arrivare anche in Italia, dove oggi è quasi impossibile immaginare il Natale senza un abete addobbato in salotto.

albero di natale più bello del mondo

Leggi anche:

L’albero di Natale più bello del mondo: la lista dei 10 candidati
Da Gubbio a Taipei, passando per Praga, Città del Messico e Rio de Janeiro. In tutti i paesi si accende lo splendore…

Ogni decorazione, anche se ormai la scegliamo perché “ci sta bene”, ha un’origine precisa. Le candele, oggi sostituite dalle lucine, richiamano Cristo, luce del mondo. Le palline rosse, quelle che mettiamo perché fanno tanto Natale, in origine erano semplicemente mele. Nel Medioevo le usavano per ricordare il Paradiso terrestre, e la tradizione è rimasta, anche se ormai nessuno ci pensa più. La stella in cima all’Albero, invece, è un richiamo diretto a quella che, secondo il Vangelo, guidò i Magi.

Babbo Natale

La storia di Babbo Natale, se andiamo a scavare, comincia con San Nicola di Mira, un vescovo del IV secolo che viveva nell’attuale Turchia. Era famoso per una cosa molto concreta e speciale: aiutava i poveri. Non solo con belle parole, ma concretamente. Una delle leggende più raccontate su di lui dice che, per evitare a tre ragazze una bruttissima fine, una notte lanciò delle monete d’oro nella loro casa. Le monete finirono nelle calze che stavano asciugando vicino al camino. Da lì sarebbe nata la tradizione delle calze natalizie.

Quando il culto di San Nicola arrivò nel Nord Europa, il santo cambiò un po’ volto: diventò il Sinterklaas olandese, quello che passa il 6 dicembre a portare dolci e regali ai bambini buoni. E quando gli olandesi si trasferirono in America, portarono con loro questa figura. Là, nel giro di qualche decennio, Sinterklaas si trasformò in Santa Claus, ed è qui che inizia davvero la versione moderna.

Il Babbo Natale con il vestito rosso e bianco, la barba enorme, la pancia da abbraccio e il sacco pieno di giochi non è nato tutto d’un colpo: è venuto fuori lentamente, grazie a poesie, illustrazioni e racconti dell’Ottocento che hanno iniziato a circolare ovunque. E il pubblico, semplicemente, si è affezionato a quell’immagine. Poi, sì, la pubblicità ha fatto il resto, ma l’icona c’era già.

E c’è un dettaglio che pochi conoscono: il cappello rosso di Babbo Natale assomiglia molto al cappello frigio del dio Mitra, quello delle antiche religioni misteriche. Un’altra piccola prova del fatto che, in mezzo ai simboli cristiani, sopravvivono ancora frammenti di culti molto più antichi. A volte nemmeno ce ne accorgiamo, ma sono sempre stati lì, mescolati nelle nostre tradizioni.

Il Presepe

Il Presepe, a differenza di molti altri simboli natalizi, è davvero qualcosa di tutto nostro: cristiano, sì, ma anche profondamente italiano. La sua storia inizia con San Francesco d’Assisi, nel 1223, a Greccio, un piccolo paese umbro, che oggi sembra quasi uscire da una cartolina. Fu lì che Francesco ebbe l’idea: mostrare alla gente, in modo diretto e senza fronzoli, com’era stata davvero la nascita di Gesù. Chiese a un amico di sistemare tutto in una grotta vera: un bue, un asino, l’attesa di un Bambino che avrebbe salvato il mondo intero. Le cronache raccontano che la celebrazione di quella notte colpì tutti in un modo inaspettato. Così tanto che, da lì, il Presepe si diffuse rapidamente in tutta la penisola.

Con il tempo la rappresentazione diventò sempre più ricca. Ogni regione aggiunse qualcosa del proprio mondo, del proprio gusto. A Napoli l’arte presepiale ha davvero esagerato, e in senso meraviglioso. Le botteghe napoletane ancora oggi realizzano statuine a mano, curate nei minimi dettagli, e costruiscono scenografie che mescolano Betlemme e la Napoli di ogni giorno: vicoli, mercati, venditori, personaggi caratteristici. Quasi un racconto dentro il racconto.

Costruire un presepe napoletano del 700

Leggi anche:

Come costruire un presepe napoletano del 700
Il Presepe Napoletano, “o’ Presebbio”, non è solo una manifestazione di devozione, un simbolo religioso…

Altri simboli carichi di significato

L’agrifoglio, con quelle foglie dure e le bacche rosse, oggi lo vediamo dappertutto a Natale. Ma la sua storia è lunga. La Chiesa lo ha usato come simbolo della corona di spine di Cristo, e le bacche rosse come richiamo al sangue. Prima ancora, però, per i Celti era una pianta protettiva: si metteva vicino alle porte per tenere lontani gli spiriti durante l’inverno. Quasi una superstizione quotidiana.

Il vischio è un altro esempio di come le tradizioni si stratificano. I druidi lo consideravano una pianta speciale, magica. Lo tagliavano con falcetti d’oro durante rituali invernali e pensavano che portasse fortuna, salute, fertilità. La storia del bacio sotto il vischio arriva proprio da lì: non era un gesto romantico come lo intendiamo oggi, era più un “porta bene, facciamolo”.

La stella di Natale (la poinsettia) è molto più recente. È arrivata in Europa dall’America Latina nell’Ottocento, e si è imposta per ovvi motivi: quei rossi e quei verdi sembravano fatti apposta per il periodo natalizio. Nel tempo le abbiamo attribuito significati religiosi, rosso come il sangue, verde come la vita che non finisce, ma in realtà è una pianta che abbiamo adottato semplicemente perché è bella e fa subito atmosfera.

corona di spine

Leggi anche:

La corona di spine di Gesù e i suoi significati
La corona di spine di Gesù è uno dei simboli più emblematici della Passione. Scopriamo perché…

Le tradizioni del Natale

Come i simboli del Natale, anche le tradizioni natalizie che conosciamo oggi non sono nate tutte insieme: si sono accumulate piano piano, un pezzo alla volta, mescolando sacro e profano, fede e abitudini di paese. È questo miscuglio, in fondo, a dare al Natale quella sua atmosfera così particolare.

L’Avvento

Il periodo dell’Avvento è il tempo dell’attesa. Comincia quattro domeniche prima del 25 dicembre e segna l’inizio del nuovo anno liturgico. In molte famiglie del Nord Europa, e ormai sempre più anche da noi, si prepara la corona dell’Avvento: una ghirlanda di rami sempreverdi con quattro candele. Ogni domenica se ne accende una, e la luce aumenta un po’ alla volta. È un gesto semplice, quasi quotidiano, ma racconta bene l’idea di una luce che si avvicina.

Il calendario dell’Avvento, con le sue finestrelle da aprire ogni giorno, è molto più recente. Nasce in Germania nell’Ottocento. All’inizio conteneva immagini sacre, frasi, versetti. Poi sono arrivati i cioccolatini, i piccoli regali, e per i bambini è diventato il modo più divertente per tenere il conto dei giorni che mancano al Natale.

I regali

Lo scambio dei doni è una tradizione che ormai accomuna quasi tutto il mondo. All’inizio, però, le cose erano più semplici. Abbiamo accennato a come, durante i Saturnali, i romani si scambiavano le strenne, cioè piccoli oggetti portafortuna. Nel mondo cristiano, invece, i doni richiamano quelli dei Magioro, incenso e mirra. Oggi è un gesto che diamo per scontato, ma alla fine il senso è sempre quello: condividere qualcosa con chi amiamo.

La data in cui si aprono i regali cambia molto da zona a zona. In molte famiglie italiane arrivano la notte di Natale. In Trentino e Veneto passa San Nicolò (così viene chiamato San Nicola in alcune regioni del Nord) il 6 dicembre. In Lombardia e in parte del Triveneto è Santa Lucia a portare i doni il 13. In Spagna e anche in alcune zone del Sud Italia i regali arrivano solo il 6 gennaio, con i Re Magi. È una varietà che racconta bene quanto le tradizioni locali abbiano ancora un peso.

dove si festeggia santa lucia

Leggi anche:

Dove si festeggia Santa Lucia: le tradizioni nel mondo
Regali per i bambini, dolci tipici, processioni e canti. Ecco dove si festeggia Santa Lucia…

Il cibo

Il cibo, a Natale, è praticamente una tradizione a parte. Anzi, più di una! Un tempo, quando la vita era dura e si mangiava quello che c’era, il periodo natalizio era uno dei pochi momenti dell’anno in cui ci si poteva concedere qualcosa di ricco. Anche perché arrivava dopo la macellazione del maiale, fondamentale per affrontare l’inverno.

Nel tempo, ogni regione ha creato i suoi piatti, i suoi dolci, i suoi rituali. Il panettone e il pandoro ormai li conoscono tutti, ma accanto a loro vivono ancora tradizioni molto locali: il panforte in Toscana, i mostaccioli in Campania, i porcedduzzi in Puglia, i cannariculi in Sicilia.
E i pranzi? In Sicilia la Vigilia è spesso tutta a base di pesce, con dodici portate. In Emilia non è Natale senza cappelletti in brodo. In Piemonte c’è il bollito misto. Il cotechino con le lenticchie di Capodanno è invece un classico da Nord a Sud: le lenticchie, si sa, portano soldi e fortuna.

san biagio panettone

Leggi anche:

San Biagio e il miracolo del panettone
San Biagio e il panettone milanese. Scopriamo che cosa hanno in comune il santo armeno che protegge dalle malattie…

I canti

Anche i canti natalizi hanno una storia lunga. Nel Medioevo gruppi di persone andavano casa per casa a cantare inni religiosi e auguri, ricevendo in cambio qualcosa da mangiare o piccoli doni. Questa tradizione, che nei paesi anglosassoni si chiama “caroling”, è sopravvissuta in parte nei cori parrocchiali, nelle piazze, nei concerti di Natale. È un modo semplice per ricordare che il Natale, prima di tutto, è una festa comunitaria.

canti natalizi religiosi

Leggi anche:

I 7 canti natalizi religiosi più famosi al mondo
Dai canti natalizi tradizionali inglesi, tedeschi e francesi, ai canti gospel natalizi, ai canti natalizi italiani…

Cosa fare a casa nel periodo natalizio

Il periodo natalizio, un tempo come oggi, era soprattutto tempo di casa e di famiglia. Quando la vita ruotava attorno ai campi e non c’erano molte occasioni per fermarsi, il Natale diventava quel momento raro in cui tutti si ritrovavano vicino al fuoco, finalmente insieme.

Le decorazioni iniziavano presto. Si usciva nei boschi a raccogliere rami di pino, abete, un po’ di agrifoglio. Con quello si facevano ghirlande da mettere sulle porte e alle finestre. All’inizio servivano per proteggere la casa durante l’inverno, tradizioni precristiane, molto terra-terra, ma sono rimaste perché portano colore e profumo, e trasformano la casa in qualcosa di accogliente.

Poi c’erano i dolci. Quelli erano un rito vero e proprio. Le ricette passavano di madre in figlia, a volte nemmeno scritte da nessuna parte, solo ricordate. Impastare insieme, decorare i biscotti, riempire la cucina di odore di cannella e scorza d’arancia… erano quei momenti in cui la famiglia stava davvero insieme. E ancora oggi molte famiglie continuano a farlo, magari una volta l’anno, solo per ritrovare quella sensazione lì. Qui trovate qualche consiglio per dolci da cucinare durante le Feste.

ricette dolci

Leggi anche:

Ricette di dolci semplici e veloci ideali per le feste
Che Feste sarebbero senza i dolci? Ma l’importante è scegliere gli ingredienti giusti. Ecco 5 ricette…

Il Presepe, invece, è sempre stato qualcosa di più emotivo. C’era (e c’è) chi lo curava come un piccolo mondo personale: statuine aggiunte di anno in anno, montagne, casette, lucine sistemate con pazienza. I bambini aspettavano il momento di mettere Gesù Bambino nella mangiatoia la notte di Natale, e poi quello dei Re Magi che avanzano piano piano fino all’Epifania. Una piccola storia da seguire giorno dopo giorno.

La Vigilia aveva un peso enorme, soprattutto nelle campagne. La famiglia si raccoglieva intorno al camino dove bruciava il ceppo di Natale, un tronco grande che doveva durare fino al mattino. Si raccontavano storie, si cantava, si pregava insieme. Fuori c’era freddo, buio, silenzio; dentro, il crepitio del fuoco e la sensazione di essere protetti.

Dopo la messa di mezzanotte, che per molti era il momento più importante di tutto il periodo, si tornava a casa e si iniziava il cenone. Si metteva in tavola il meglio che si aveva. Non per ostentazione, ma per gratitudine e per rendere onore alla festa.

Nei giorni successivi si andavano a trovare parenti e amici, portando un dolce, un po’ di frutta secca, un augurio. Era il modo per restare uniti, per mantenere vivi i legami. Senza telefoni, senza messaggi, senza social: ci si vedeva di persona perché era l’unico modo per dire “ci sono”, “ti penso”, “buon Natale”.

messa di natale

Leggi anche:

Messa di Natale: tutte le curiosità sul rito
La Messa di Natale è una tradizione antica, che affonda le sue radici nelle Sacre Scritture, ma anche in…