Oro incenso e mirra: perché proprio questi doni a Gesù Bambino

Oro incenso e mirra: perché proprio questi doni a Gesù Bambino

I Re Magi, figure affascinanti e suggestive della tradizione di Natale, portarono in dono a Gesù Bambino oro, incenso e mirra. Ma cosa si cela dietro la scelta di questi doni particolari?

I Re Magi e i loro doni sono da migliaia di anni protagonisti di storie e leggende, nelle quali il folklore popolare si mescola a eventi storici, religione e tradizioni ancora più antiche. Abbiamo già approfondito queste figure in un articolo che spiegava chi fossero i Re Magi , da dove provenissero, perfino quale fosse l’origine dei loro nomi.

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Chi erano i Re magi e i loro nomi
Tutti conosciamo i Re Magi come i tre uomini che affrontarono un lungo viaggio inseguendo una stella con l’unico scopo di rendere omaggio al “Re dei Giudei”.

In questo articolo vogliamo soffermarci su oro, incenso e mirra, ovvero i doni che i tre Re Magi portarono con sé lungo il loro viaggio sulla scia della Stella cometa, attraverso il deserto, con le sue insidie, schivando i pericoli e gli intrighi di Re Erode, per giungere fino alla capanna di Betlemme dove in una mangiatoia il Re del Mondo aveva visto la luce.

Nella storia dei Re Magi le leggende si intrecciano con altre leggende, in un gioco di richiami e rimandi oltremodo suggestivi. Per esempio il viaggio dei Re Magi avrebbe coinvolto anche la Befana, altro personaggio molto caro all’immaginario natalizio, con i Re Magi festeggiata il giorno dell’Epifania. Ella avrebbe incontrato i tre viaggiatori e sarebbe stata lì lì per unirsi a loro.

Rimasta indietro, avrebbe poi dedicato il resto della sua vita a cercare Gesù Bambino, proprio come il quarto Re Magio di cui facevamo accenno prima, portando doni a tutti i bambini per compensare la sua mancanza.

Un elemento in comune tra i Re Magi e la Befana è sicuramente il fatto che portano doni.

Se i doni della vecchietta dal naso adunco e bitorzoluto sono ormai un appannaggio esclusivo dei bambini (rigorosamente buoni, beninteso), i doni dei Re Magi custodiscono in sé una simbologia molto profonda, che racchiude nientemeno che il mistero della duplice natura di Gesù, Uomo e Dio. Nei secoli molti teologi hanno cercato di individuare il vero significato simbolico dei doni dei Re Magi. Alcuni hanno scritto che l’oro simboleggia la fede, l’incenso la santità, la mirra la passione. Per altri i tre doni coincidono con le tre virtù teologali: l’oro è la carità, l’incenso la fede, la mirra la libera volontà.

Vediamo i doni dei Re Magi uno per uno.

Incenso: proprietà e benefici

L’incenso, offerto da Gaspare, il più giovane del Re Magi, è una resina ricavata dalla corteccia delle piante della famiglia delle Burseraceae, originare della penisola arabica e dell’Africa nord orientale, in particolare la Boswellia cateri, e in questo caso il nome corretto della resina è franchincenso. Chiamato anche “gomma di olibano”, o semplicemente olibano, l’incenso è stato utilizzato fin dalle epoche remote nell’ambito di cerimonie religiose e rituali.

Il fumo che saliva dall’incenso bruciato era considerato un’offerta gradita agli dei e favoriva la meditazione e la purificazione. La stessa parola “incenso” deriva probabilmente dal latino arcaico “incensum”, acceso, e indica come veniva utilizzata questa sostanza.

Ma l’uso degli incensi andava al di là delle cerimonie religiose e dei riti di purificazione. I loro fumi avevano anche proprietà disinfettanti per l’ambiente e per scopi curativi. In particolare l’incenso possiede una potente carica antinfiammatoria, antiossidante e antimicrobica. Le sue qualità lo rendono molto efficacie per rilassare mente e corpo, per contrastare i disturbi intestinali e respiratori. Un bagno caldo arricchito con gocce di olio di incenso combatte lo stress e trasmette una sensazione di pace e relax a chi vi si immerge.

Mescolato al dentifricio è un alleato prezioso per l’igiene orale. Le sue proprietà astringenti facilitano l’affievolirsi di rughe e segni del tempo, ma anche di cicatrici, ferite, acne e smagliature. Combatte i disturbi gastro intestinali, dall’indigestione alla sindrome del colon irritabile. Influisce anche a livello ormonale, equilibrando i livelli degli ormoni e eliminando eventuali squilibri.

Molte di queste applicazioni rivolte alla salute del corpo e dello spirito dovevano essere già ben note nell’antichità. Regalando l’incenso a Gesù Bambino il Magio Gaspare da un lato Lo onorava con qualcosa di prezioso e utile per preservare e curare il corpo, dall’altro riconosceva la Sua natura divina, offrendogli un dono che solitamente veniva offerto in sacrificio agli dei e bruciato nei loro templi.

Che cos’è la mirra?

Anche la mirra, o incenso di mirra, portata in dono da Baldassarre, il Magio dalla pelle scura, è una resina. Anch’essa è estratta dal tronco di una Burseracea, sebbene di un altro genere rispetto all’incenso: la Commiphora myrrha. Il termine “mirra” deriva dalla parola semitica murr che vuol dire “amaro”.

Essa è originaria della Somalia ed Etiopia, e non è un caso che a portarla sia quello che, tra i Re Magi, era caratterizzato da tratti somatici riconducibili alle genti che vivevano in quelle terre. In realtà le ragioni che portarono l’iconografia religiosa a raffigurare Baldassere come un africano, con pelle scura, capelli crespi, naso camuso, è molto complessa e si è sviluppata nel corso del tempo.

Da una parte c’era la volontà di attribuire ai tre Re Magi caratteristiche che li rendessero la personificazione dei tre continenti e delle tre razze umane, ma questo accadeva in epoca medievale. Dall’altra parte occorrerebbe soffermarci sulle nuove tradizioni giunte in occidente intorno al XII-XIII secolo, sui martiri-soldati della Legione Tebana, che erano nubiani, e dunque di pelle nera, o sulla figura del “Prete Gianni”, descritta da Marco Polo, che si sovrapponeva a quella dell’imperatore degli etiopi. Questi personaggi infusero una nuova visione della gente di colore nei popoli europei, abituati ad associare la pelle nera e certi tratti somatici al diavolo e a creature demoniache.

Quello che interessa a noi in questa sede è la mirra, la preziosa sostanza dal profumo straordinario che questo Re moro portava in dono. Fin dall’antichità la mirra era conosciuta e apprezzata per le sue proprietà antisettiche e antibatteriche. Veniva usata soprattutto allo stato liquido, o in polvere, mescolata con olio e balsami.

Ancora oggi è utilizzata in varie forme e con innumerevoli scopi, per le sue virtù antinfiammatorie, antispasmodiche e lenitive. La si utilizza come rimedio nelle le malattie respiratorie, ma anche in caso di intossicazione alimentare, e come l’incenso viene bruciata per purificare gli ambienti e infondere pace e benessere. Inoltre l’olio derivato dalla mirra ha eccezionali proprietà lenitive e nutrienti, preziose per idratare la pelle delicata e sensibile senza ungerla. È perfetto anche contro le screpolature.

Per quanto riguarda la simbologia della mirra come dono per Gesù, come l’incenso indica il riconoscimento da parte dei Re Magi della Sua natura divina, così la mirra celebra la Sua umanità. Questo perché anticamente la mirra era usata tra le altre cose per il culto dei morti. Già nell’antico Egitto veniva impiegata nel processo di imbalsamazione, e si pensava che fosse determinante nella vittoria della vita sulla morte. Nella Bibbia è citata molte volte, sia in ambito sacerdotale, in quanto veniva usata come olio di unzione per i sacerdoti e per profumare le vesti cerimoniali, sia come portatrice di saggezza e amore (il suo aroma veniva considerato afrodisiaco).

Nella Passione di Cristo la mirra è presente prima mescolata con il vino per alleviare le Sue sofferenze, poi viene utilizzata da Nicodemo per avvolgere il Suo corpo deposto dalla croce. Ancora, nel giorno di Pasqua, le donne che si recano al sepolcro portano unguenti aromatici per il corpo di Gesù. Probabilmente essi erano a base di mirra, e in questa accezione questa sostanza è legata alla Risurrezione, segno che l’amore di Gesù è più forte della morte.

Il significato simbolico dell’Oro

Infine l’oro, dono di Melchiorre, il più anziano dei Re Magi. Il suo stesso nome significa Re, e il dono che lui porta, l’oro, è proprio il simbolo del riconoscimento della regalità di Gesù da parte dei Re Magi. Infatti l’oro era il dono riservato ai Re e Gesù era agli occhi dei Magi il Re dei Re. Da sempre questo prezioso metallo viene associato alla luce, al sole, alla capacità di diffondere forza ed energia. Tutte le grandi civiltà hanno usato l’oro per glorificare i propri sovrani e i propri dei.

Secondo diverse leggende Melchiorre offrì l’oro in forma di un pomo d’oro, che rappresentava la perfezione del mondo, e trenta denari. Nelle mani di Gesù il pomo si ridusse in polvere, a simboleggiare che il Bambino era venuto a portare un mondo nuovo.

I trenta denari d’oro sarebbero stati quelli che Abramo aveva usato per comprare il campo di sepoltura per sé e la sua famiglia, gli stessi offerti ai fratelli di Giuseppe quando lo vendettero come schiavo, poi giunti per vie traverse al Tempio di Gerusalemme, dove Melchiorre li avrebbe presi per farne dono a Gesù. Ma la leggenda continua: Maria perdette i trenta denari durante la fuga in Egitto, e con essi tutti gli altri doni. Un pastore malato li trovò nel deserto, mentre si recava a Gerusalemme per farsi guarire da Gesù, che ne frattempo era diventato un uomo. A Lui il pastore offrì i doni e i trenta denari, e Gesù li offrì a Sua volta al tempio. Quegli stessi trenta denari avrebbero pagato il tradimento di Giuda.

Esiste anche un’interessante teoria riguardo ad un’erronea traduzione del vangelo dall’aramaico, secondo la quale l’oro citato non sarebbe il metallo, ma l’oro d’Oriente, ovvero la curcuma. Questa spezia, che dell’oro ha il colore, è dotata di grande virtù curative, e questo la ricollegherebbe alle proprietà di incenso e mirra. In questo modo i Re Magi avrebbero donato a Gesù Bambino due incensi e una spezia, tutti materiali preziosi, tutti profondamente legati alla vita spirituale degli antichi, al culto religioso e a quello dei defunti, ma anche alla cura del corpo, alla salute, al trionfo della vita. Anche questa interpretazione risulterebbe dunque calzante.