Ampolline da celebrazione: piccoli vasi dal contenuto prezioso

Ampolline da celebrazione: piccoli vasi dal contenuto prezioso

A cosa servono le ampolline da celebrazione? Scopriamo la storia e l’utilizzo di due arredi sacri piccoli e preziosi, indispensabili per la celebrazione eucaristica.

Con la definizione ampolline da celebrazione, o ampolline per liturgia, s’intendono i due piccoli vasi sacri che contengono il vino e l’acqua che vengono utilizzati durante la celebrazione eucaristica. Solitamente l’ampolla per il vino è di vetro, ed è sempre quella più grande, quella per l’acqua è più piccola, sono in vetro trasparente in modo da rendere subito evidente il loro contenuto. Anticamente, quando esse non erano realizzate in vetro, si usava contrassegnarle con un elemento distintivo, come una perla per l’ampolla destinata all’acqua e un granato per quella destinata al vino.

Solitamente le ampolle per liturgia vengono preparate dal diacono o dal ministrante prima della Messa, insieme agli altri arredi sacri, su un tavolino, in modo da poter essere facilmente recuperate al momento opportuno. Di solito vengono poste su un vassoio e accanto a loro viene piegato il manutergio, il piccolo panno per asciugare le mani.
Il diacono o il ministrante porteranno le ampolle dal tavolino all’altare al momento dell’Offertorio, come prescritto dai Principi e Norme per l’uso del Messale Romano, insieme al pane, al calice, alla pisside e a tutti gli altri arredi necessari alla liturgia.

Ma perché il sacerdote mescola acqua e vino al momento delle offerte?

Una volta che le ampolle da celebrazione sono state portate all’altare, il sacerdote versa poche gocce di acqua nella coppa del vino. L’usanza di mescolare il vino all’acqua risale alle origini delle cerimonie cristiane, quando si utilizzava un vino molto alcolico, che rendeva necessario mischiarlo con l’acqua. Al di là delle finalità pratiche, questo gesto di mescolare l’acqua e il vino contenuti nelle ampolle per liturgia divenne oggetto di speculazioni teologiche.

Intanto c’è il riferimento evangelico (Gv 19,34) di acqua e sangue che sgorgano insieme dal costato di Cristo ferito dalla lancia di Longino. In generale, poi, l’acqua identificava la natura umana, il vino quella divina. Clemente Alessandrino nel II secolo d.C. riconosceva nell’acqua unita al vino la salvezza che il sangue di Cristo apporta a tutti coloro che confidano in Lui, mentre Cipriano e gli agnostici nel III secolo d.C. sostenevano che il vino mescolato all’acqua richiamava la figura di Cristo che, ‘mescolandosi’ ai fedeli, raccoglieva su di sé i loro peccati, creando un legame indissolubile, inscindibile, proprio come quello tra acqua e vino una volta che sono mischiati.

Nel Messale Romano quando il sacerdote versa l’acqua nel calice pronuncia queste parole: “L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di Colui che ha voluto assumere la nostra natura umana”. Dunque possiamo leggere nel mescolarsi di acqua e vino un chiaro riferimento all’incarnazione di Cristo, alla Sua duplice natura divina e umana che si rivelano.

L’acqua dell’ampolla non deve assolutamente essere utilizzata per altri scopi, come lavarsi le mani. Per la purificazione delle mani del sacerdote, così come dei vasi sacri, verrà usata l’acqua di una brocca. Le ampolle per liturgia devono essere pulite frequentemente, e il loro contenuto sostituito con una certa frequenza, soprattutto per evitare di far inacidire il vino.

Storia delle ampolle liturgiche

La parola ampolla deriva dal latino ampŭlla (diminutivo di amphŏra, cioè “anfora”) che significa “piccola anfora“.

Le ampolline per celebrazione vennero adottate dal cerimoniale cattolico solo a partire dall’XI secolo. Precedentemente, e fin dalle origini del Cristianesimo, ciascun fedele portava con sé il vino per la messa in contenitori chiamati amulae. Il sacerdote o il diacono versavano il contenuto delle amulae nel calice, dove tutti avrebbero poi bevuto, mescolandolo con acqua, o lo raccoglievano in un recipiente più grande, l’hama, e poi restituivano il contenitore al proprietario. Il vino così raccolto veniva poi usato per la consacrazione, e quindi distribuito ai poveri della comunità. L’acqua che veniva mescolata al vino era contenuta nel cosiddetto fons.

il Sinodo di Würzburg nel 1298 stabilì che le ampolle da celebrazione fossero realizzate in vetro, peltro, oro e argento, mentre non esistono particolari indicazioni riguardo alla forma che esse devono avere, purché siano di piccole dimensioni. Possiamo comunque distinguere tre principali tipologie di forma:

  • a fiaschetta, con collo lungo il cui bordo superiore si apre a formare un piccolo versatoio appuntito, e prive di manico;
  • a brocca, con corpo panciuto poggiante su piede, lungo collo con versatoio a beccuccio oppure allungato a forma di S, e manico a voluta;
  • a boccale, solitamente privo di piede, con bordo superiore a beccuccio e manico.

Spesso le ampolle da celebrazione sono ornate con motivi decorativi, in particolare tralci di vite e grappoli d’uva.

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I ministranti  

I ministrati addetti al servizio all’altare sono in particolare i Cerimonieri. A loro è destinato il compito di portare gli arredi sacri all’altare, dopo l’Offertorio, e di riportarli via dopo la Comunione.

ministranti

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