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Il calice sacerdotale è il vaso sacro deputato a contenere il vino che diventa il Sangue di Cristo durante la celebrazione eucaristica. Simboleggia il calice usato da Gesù durante l’Ultima Cena, quindi un bicchiere normalissimo. Infatti la parola latina calix significa bicchiere, tazza, coppa, un oggetto di uso comune in qualsiasi casa. E proprio le case private furono i primi luoghi di culto, per i cristiani, quindi è naturale che essi utilizzassero per consacrare il vino della Liturgia un normale bicchiere.
Il Calice è dunque il simbolo della comunione tra Dio e gli uomini, dell’antica alleanza del Vecchio Testamento che si rinnova e acquista un significato completamente nuovo con il sacrificio di Gesù. Il Suo sangue, offerto per l’espiazione da tutti i peccati, diventa da un lato simbolo dell’obbedienza filiale di Gesù stesso, dall’altro il mezzo per la salvezza di tutti gli uomini. Con il Pane e con il Vino consacrati a ogni messa quel sacrificio si rinnova, come si rinnova la comunione che vide gli apostoli mangiare e bere all’Ultima Cena, divenendo parte integrante di quel Mistero immenso.
È quindi naturale che il calice della comunione debba la sua importanza soprattutto a ciò che è destinato a contenere, il vino che diventa Sangue, ma ha anche un suo valore simbolico intrinseco, in quanto ricorda la coppa usata da Gesù in occasione dell’Ultima Cena, quel Sacro Graal protagonista di tante leggende e storie meravigliose, tramandate nel corso dei secoli.
Lo stesso vale naturalmente anche per tutti gli accessori per la liturgia utilizzati dai Ministri durante la Liturgia. Accanto al calice della comunione c’è per esempio la pisside, il calice per ostie (anche se può anche avere la forma di una ciotola), che dovrà contenere le particole consacrate; le ampolline per celebrazione, solitamente di vetro, che contengono l’acqua e il vino prima che vengano versati; la patena, ovvero il piattino su cui il sacerdote posa l’ostia più grande durante la Consacrazione. Ci sono anche elementi in tessuto, ugualmente importanti per la cerimonia, come il corporale, ovvero la tovaglietta quadrata inamidata stesa sull’altare per ricevere il Corpo di Cristo; la palla, il copri calice sacerdotale, costituito da un quadratino di stoffa inamidata; il purificatoio, fazzoletto utilizzato per tergere il calice e la patena dopo la comunione; il manutergio, usato dal ministro come asciugamano.
Il Liber Pontificalis, una serie di note biografiche redatte in ordine cronologico sui Papi che sedettero sul Soglio pontificio fino alla fine del IX secolo, nomina spesso i calici sacerdotali, suddividendoli tra calices e scyphi, a seconda dell’utilizzo a cui erano destinati: la consacrazione del vino, la distribuzione dell’Eucarestia o l’uso come semplici arredi votivi.
Secondo il Liber Pontificalis i calici potevano essere catalogati secondo diverse caratteristiche, ed essere:
- maiores o minores, in base alle dimensioni;
- sacri o sancti, se utilizzati per la consacrazione;
- ministeriales, se usati per impartire la Comunione ai fedeli;
- offertorii, se destinati a contenere il vino da consacrare;
- quotidiani, per l’uso giornaliero non festivo;
- stationales, usati nelle funzioni dei riti stazionali;
- ad baptismum, per i nuovi cristiani;
- pendentiles o appensorii, oggetti votivi solo decorativi.
Successivamente, nel XII e XIII secolo, vengono elencati anche calici:
- ad communicandos infirmos, per impartire la comunione ai malati;
- viaticus, da viaggio, più piccoli;
- funerarius, per ornare la tomba dei sacerdoti.
Un’ulteriore catalogazione dei calici, più moderna e generica, può essere questa:
- Calice ansato: di grandi dimensioni, con manici ad anse, diffuso in età carolingia;
- Calice con campanelli: decorato con campanelli pendenti dalla coppa o dal sottocoppa, diffuso nei paesi di cultura spagnola;
- Calice da pregustazione: di piccole dimensioni, con anse e coperchio, usato per assaggiare il vino prima della Messa;
- Calice del missionario: di piccole dimensioni, adatto a lunghi viaggi;
- Calice del seminarista: non consacrato e realizzato in materiale non prezioso, è usato per insegnare ai seminaristi per imparare a celebrare la Messa;
- Calice funerario: come il già citato funerarius, era piccolo e leggero, costruito in un materiale umile, come il legno, il piombo o lo stagno, e veniva messo nelle tombe dei sacerdoti;
- Calice papale: riservato al Pontefice, ha un coperchio che lo chiude;
- Calice purificatorio: fino al XVII secolo veniva usato per offrire ai fedeli che avevano preso la Comunione del vino non consacrato con cui potessero sciacquarsi la bocca;
- Calice viatorio: di piccole dimensioni, a volte smontabile, usato durante i viaggi.
Come è fatto un calice liturgico
Il calice sacerdotale ha conosciuto un’evoluzione stilistica considerevole nel corso dei secoli, mutando forma, passando da una sorta di ciotola in terracotta o vetro, a calici magnifici e preziosi, e di nuovo a oggetti molto più umili, per poi conoscere una grande fioritura artistica tra il Rinascimento e l’Ottocento, diventando un vero e proprio elemento di gioielleria, parte integrante del tesoro di molte chiese e abbazie.
I primi calices o scyphi erano realizzati in oro o argento, spesso lavorati a sbalzo e a cesello e ornati di perle e gemme. Dopo l’anno Mille il rito liturgico venne semplificato sempre di più, e andò sparendo la tradizione di offrire il vino ai fedeli. Anche la forma del calice divenne più essenziale. I calici romanici avevano l’aspetto di coppe larghe e poco profonde, quasi semisferiche, e poggiavano direttamente sul nodo. Il fusto e il piede erano sostituiti da una campanula rovesciata. Fu nel periodo gotico che i calici iniziarono ad allungarsi: la coppa divenne più piccola, il fusto si allungò e venne arricchito da decorazioni, il nodo poligonale iniziò a poggiare su un piede decorato.
Nel XVI secolo il calice sacerdotale conobbe una nuova semplificazione. La coppa divenne svasata, il fusto ovoidale, la base circolare. Ai decori tardo rinascimentali si aggiunsero i simboli della Passione.
Il calice sacerdotale moderno ha la forma di coppa svasata, ed è composto da tre parti: il piede, il fusto e la coppa. Le sue linee sono state ulteriormente semplificate, gli elementi decorativi rimangono quelli neogotici o barocchi, soprattutto simboli che ricordano l’Eucaristia e la Passione.
Il piede del calice della comunione solitamente è rotondo, ma può essere poligonale o avere una forma complessa composta da linee e curve. La cosa importante è che sia abbastanza grande da garantire la massima stabilità all’intera struttura. Per questa ragione è necessario che sia più largo della coppa.
Il fusto può avere diverse lunghezze, ma di solito è proporzionato agli altri elementi. È interrotto da un nodo, un elemento sia decorativo, sia destinato ad aiutare il sacerdote nel maneggiare il calice durante la consacrazione.
Anche la forma della coppa deve tener conto di ciò per cui è destinata. Non deve essere troppo profonda, e deve allargarsi un po’ nella parte alta, dove il sacerdote poserà le labbra.
Le misure del calice sacerdotale
Il calice sacerdotale deve avere delle misure precise, definite dalla Visita Apostolica di Roma del 1904: deve essere alto non meno di 16 cm, ma non deve mai superare i 28 cm. Una buona media per un calice di uso comune è intorno ai 22 cm di altezza, con una coppa che abbia un diametro di 25 cm, almeno secondo San Carlo Borromeo. I calici realizzati con particolare cura artistica possono invece essere alti fino a 27 cm e la coppa può avere una circonferenza di 32 cm.
I calici da viaggio, così come i calici missionari, possono essere un po’ più piccoli, visto che devono essere trasportati agevolmente. In questo caso si può scendere a 15 cm di altezza.
I materiali con cui è costruito il sacro calice
La Chiesa delle origini utilizzò calici e coppe di uso comune, quindi in vetro, ma presto si iniziò a creare calici per la messa finemente decorati con simboli cristiani, e soprattutto a utilizzare per la loro realizzazione materiali preziosi, come l’oro, l’argento, l’agata, l’onice, il marmo, etc…
Nel primo Medioevo si tornò a utilizzare metalli meno nobili, oltre a pietra, corno e legno.
Al giorno d’oggi le norme liturgiche impongono che almeno l’interno della coppa del calice sia realizzata in metallo prezioso, oro o argento, o che sia comunque dorata internamente. Questo perché essa è destinata a venire a contatto col Sangue o col Corpo di Cristo.
Per la coppa è vietato usare un materiale non nobile, destinato a rovinarsi o a rompersi facilmente, come potrebbero essere creta, bronzo, vetro, legno.
Viene accettato l’ottone, che non è nobile, ma è resistente, e non si rompe facilmente, purché la doratura interna venga sostituita quando interviene l’ossidazione.
È invece indifferente con quale metallo vengono realizzati il fusto, il nodo e il piede. Molto diffuso lo stagno, che ha il vantaggio di essere molto economico e resistente.
Lo stile del calice sacerdotale
I calici sacerdotali possono essere suddivisi in quattro tipologie, a seconda dello stile con cui sono realizzati:
- stile barocco
- stile neoclassico
- stile medievale
- stile semplice
Il calice barocco deriva dai calici ottocenteschi, cesellati con cura e spesso decorati con testine di angelo e altri ornamenti molto ricchi. La sua altezza varia tra i 27 e i 30 cm.
Il calice neoclassico, si ispira ai modelli neoclassici, con decori lineari e poco elaborati. La sua altezza è compresa tra 25 e 27 cm.
Il calice medioevale richiama l’arte gotica, con cesellature complesse, incisioni, lavori a sbalzo, bassorilievi. La sua altezza è di circa 25 cm.
Il calice semplice è il più moderno, dalle linee sobrie e snelle, ma, in compenso, ricco di incisioni. La sua altezza è compresa tra 25 e 28 cm.