Massimiliano Maria Kolbe: un eroe della carità cristiana

Massimiliano Maria Kolbe: un eroe della carità cristiana

Il 14 agosto la Chiesa ricorda Massimiliano Maria Kolbe, sacerdote e Martire dell’Amore, Cavaliere dell’Immacolata, che sacrificò la propria vita ad Auschwitz per permettere a un uomo di tornare dalla propria famiglia. Ecco la sua storia e il suo retaggio

Quando parliamo di Santi e soprattutto di martiri della Chiesa cattolica, il nostro primo pensiero va a figure di uomini e donne dell’antichità, i cui volti abbiamo visto infinite volte in quadri e affreschi, o immortalati da abili scultori nel legno e nel marmo. Perché l’idea che qualcuno possa morire per amore al giorno d’oggi sembra relegata al concetto di amore romantico che si legge nei romanzi e di cui parlano vecchie canzoni d’amore. Eppure i Santi Martiri sono stati torturati e uccisi proprio per amore, per aver rivendicato con troppa passione, troppa convinzione la loro fede e la loro profonda devozione a Dio, o si sono sacrificati per salvare altri uomini e donne, immolandosi al loro posto. È quello che ha fatto San Massimiliano Maria Kolbe, Sacerdote e Martire dell’Amore, come lo ha definito papa Paolo VI, che lo ha beatificato nel 1971. E non parliamo di un uomo vissuto secoli fa, in un mondo completamente diverso da quello che conosciamo, in cui la fede cristiana era ancora soggetta a persecuzioni e chi la praticava veniva torturato e ucciso per ordine di Re e imperatori.

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San Massimiliano Maria Kolbe è vissuto tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900, attraversando due terribili Guerre Mondiali, durante le quali, e nonostante la sua salute cagionevole, si è dedicato ad aiutare il prossimo, al punto da sacrificare la propria vita proprio per salvare quella di un altro uomo. Se, come abbiamo scritto in altri articoli, il martirio è una testimonianza suprema dell’amore per Dio, Padre Massimiliano Maria Kolbe ha dimostrato di essere un testimone eccezionale, con la sua vita e con la sua morte, tanto da essere annoverato come uno dei più importanti Santi moderni, insieme a quelli più recenti canonizzati da Papa Francesco.

San Massimiliano Maria Kolbe nacque come Rajmund Kolbe il 7 gennaio 1894 a Zduńska Wola, in Polonia, in una famiglia modesta. Ancora bambino, mentre frequentava la scuola media dei francescani a Leopoli, ebbe una visione della Vergine Maria, che gli offrì due corone di fiori, una di gigli bianchi, simbolo di purezza, e una di rose rosse, simbolo del martirio. Rajmund le accettò entrambe, vedendole come un segno della sua futura missione e forse fu già da allora che decise di porre la figura di Maria al centro della sua spiritualità.

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Nel 1910 entrò come novizio nell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, istituto religioso maschile di diritto pontificio e ordine mendicante francescano. L’anno successivo, il 5 settembre 1911, dopo aver emesso la professione semplice, ovvero quella necessari ai novizi terminato il noviziato e prima di abbracciare la professione solenne, andò a studiare teologia e filosofia prima a Cracovia, poi a Roma. Qui approfondì il suo rapporto già speciale con la Vergine, e fondò la Milizia dell’Immacolata (M.I.), un’Associazione Pubblica Internazionale di diritto Pontificio che aveva come scopo quello di unire tutti i cristiani nel segno della Vergine Immacolata, che per Padre Kolbe diviene così simbolo assoluto dell’impegno per edificare il Regno di Dio in terra. La Milizia verrà poi riconosciuta dal Pontificio Consiglio per i Laici il 16 ottobre 1997 e ancora oggi è diffusa in molti Paesi, dove porta avanti gli intenti del fondatore San Massimiliano Kolbe.

Il 28 aprile 1918 Massimiliano Kolbe ricevette l’ordinazione presbiteriale nella basilica di Sant’Andrea della Valle. Terminati gli studi e tornato in Polonia, Padre Kolbe si distinse per la sua attività missionaria e giornalistica. Fondò il convento di Niepokalanów, il cui nome significa “Città di Maria”, “Proprietà dell’Immacolata”, e che divenne un importante centro di evangelizzazione e di diffusione dei media cattolici. Il convento era dotato di una sua tipografia, da cui Kolbe lanciò Il Cavaliere dell’Immacolata, rivista ufficiale della Milizia dell’Immacolata, che raggiunse una tiratura di oltre un milione di copie. Niepokalanow arrivò a ospitare 762 frati-militi che vivevano in povertà francescana, dedicandosi alla preghiera, alla scrittura, e alla stampa della rivista. La rivista trattava di apologetica, apparizioni mariane, rosario, medaglia miracolosa, confutazione degli errori dell’epoca e denunciava i nemici della Chiesa, con uno stile chiaro e diretto.

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Nonostante la salute minata dalla tubercolosi, Padre Kolbe si recò anche come missionario in Giappone, dove costruì un convento a Nagasaki, il Mugenzai no Sono “Giardino dell’Immacolata”, promosse la pubblicazione di una rivista e fondò un seminario. Nel convento d Nagasaki, padre Kolbe volle creare una replica della grotta della Madonna di Lourdes. Nel 1945, dopo lo scoppio della bomba atomica, i frati trasformarono il monastero di Mugenzai-no-Sono in un rifugio per numerosi orfani.

Con l’invasione della Polonia da parte della Germania nazista nel 1939, Niepokalanów divenne un ospedale e un rifugio per migliaia di sfollati, compresi molti ebrei. Per questo, e per le idee che divulgava attraverso la sua rivista e le altre pubblicazioni, Padre Kolbe subì una crescente persecuzione, e alla fine venne arrestato e il 28 maggio 1941 fu internato nel campo di concentramento di Auschwitz, numero di matricola 16670. Nel luglio dello stesso anno, un prigioniero fuggì dal campo e, come rappresaglia, il comandante nazista scelse dieci uomini da condannare al terribile Bunker della Fame, una minuscola cella nel Blocco 11 nella quale i prigionieri venivano lasciati a morire di fame e sete. Uno dei prigionieri scelti, un militare di nome Franciszek Gajowniczek, scoppiò a piangere, implorando pietà per sé e la sua famiglia, e Padre Kolbe si offrì volontario per prendere il suo posto, dicendo: “Sono un sacerdote cattolico polacco. Voglio morire al posto di questo prigioniero.”

L’agonia di Massimiliano Kolbe e dei suoi compagni durò per due settimane, durante le quali il presbitero continuò a pregare e cantare per sostenere gli altri prigionieri. Dopo due settimane, quando le SS riaprirono la cella, quattro uomini erano rimasti in vita, e Padre Massimiliano era tra loro. I nazisti inviarono il capoblocco Hans Bock per uccidere i sopravvissuti con un’iniezione di acido fenico. Franciszek Gajowniczek ha raccontato che Padre Kolbe disse a Hans Bock: “Lei non ha capito nulla della vita…l’odio non serve a niente… Solo l’amore crea!” E poi, mentre il suo aguzzino praticava l’iniezione mortale, mormorò: “Ave Maria.”
Era il 14 agosto 1941, Massimiliano Maria Kolbe aveva 47 anni e morì per amore, solo per amore. Il giorno successivo, il suo corpo venne cremato nel forno crematorio e le sue ceneri volarono nel vento.

Il sacrificio di San Massimiliano Kolbe non fu dimenticato. Beatificato da Papa Paolo VI nel 1971, fu canonizzato da Papa Giovanni Paolo II nel 1982. Durante la cerimonia, Franciszek Gajowniczek era presente, a testimoniare l’atto supremo di amore di Kolbe. Giovanni Paolo II lo proclamò martire della carità, riconoscendo che il suo sacrificio rappresentava il più alto esempio di amore cristiano.

San Massimiliano Maria Kolbe è oggi venerato non solo come martire, ma anche come patrono dei giornalisti cattolici e dei radioamatori. La sua memoria liturgica cade il 14 agosto.