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Alcune tradizioni situano la tomba di Adamo sotto il monte Calvario. Che legame c’è tra il primo uomo e la crocifissione di Cristo?
Noi tutti conosciamo il monte Calvario, o il Golgota, per essere stato teatro degli ultimi, tragici istanti di vita di Gesù tra gli uomini. Tutti abbiamo ripercorso nelle nostre preghiere e meditazioni la Via Dolorosa, posta all’interno delle mura dell’antica Gerusalemme, che parte dalla Chiesa della Flagellazione, poco lontano dall’ampia spianata in cui sorgeva il Tempio di Gerusalemme, e su, in salita, fino alla Basilica del Santo Sepolcro. È la Via Crucis, la Via della Croce, e la Croce è quella che gravava sulle spalle straziate e frustate di Gesù, sorretta dalle Sue braccia rigate di rivoli scarlatti per le percosse subite. Le gocce di sangue cadute dalla fronte piagata dalla corona di spine hanno bagnato la polvere su cui si affacciano mura bianche di calce. Qui si è piegato il ginocchio di Simone di Cirene, che aiutò il Redentore a raggiungere la cima del Calvario, il “luogo del Cranio”, così chiamato perché, come luogo destinato alle condanne a morte, non era difficile imbattersi in resti umani, ossa e teschi, che biancheggiavano tra i cespugli e le rocce. Conosciamo la storia grazie ai Vangeli. Ma esiste anche un’altra tradizione che conferisce a questa definizione un significato molto più sacrale e misterioso. Il Calvario, il “luogo del Cranio”, posto fuori dalle mura di Gerusalemme, tra cave di pietra e patiboli abbandonati, cimitero dei poveri e dei criminali, ospiterebbe fin dalla notte dei tempi la tomba di Adamo.
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Golgota o Calvario
È pur vero che il monte della crocifissione aveva anche una forma che ricordava quella di un cranio, tondeggiante e glabra. Utilizzato anticamente come cava di roccia, in seguito era stato ricoperto di orti e giardini, ma anche di sepolture. Era anche il luogo deputato alle crocifissioni. Secondo la tradizione all’epoca di Gesù era appena fuori Gerusalemme. Era infatti proibito eseguire condanne capitali e seppellire i morti entro le mura cittadine. In seguito, intorno al 40 d.C., il monte Golgota venne compreso entro le nuove mura della città. Già anticamente non era molto alto, e col passare dei secoli si è livellato, fino a scomparire quasi completamente. Oggi si può vedere una parte della roccia del Calvario racchiusa all’interno della basilica del Santo Sepolcro. La roccia è visibile attraverso un vetro e, infilando la mano in un apposito foro, è possibile toccare il punto in cui sorgeva la Croce di Gesù.
La teoria di Origene
Fu Orìgene, o Origene di Alessandria, teologo e filosofo greco vissuto tra il II e il III secolo d.C., a identificare nel Golgota il luogo della sepoltura di Adamo, il primo uomo. È evidente l’intento simbolico di una simile affermazione: Adamo ed Eva con il loro peccato di disobbedienza, avevano infranto la prima Alleanza tra Dio e gli uomini, meritando la cacciata dal Paradiso Terrestre. Gesù, Figlio di Dio, è sceso sulla terra per sanare quella ferita, per ripristinare l’antica alleanza e rinnovarla con il Suo sacrificio. Il sangue del Nuovo Adamo versato sul terreno roccioso del Golgota, bagna i resti del Primo Uomo, sepolti nella terra fredda, e nel farlo sancisce la Salvezza per tutti. Così scrive San Paolo nella prima lettere ai Corinzi: “Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo” (1Corinzi 15,21-22). Questa è anche la ragione per cui nelle raffigurazioni di Gesù in croce sul Calvario appare quasi sempre un teschio posto proprio ai piedi della Croce: è il teschio di Adamo. Così idealmente dai suoi resti nasce il legno che condanna Gesù e salva noi tutti.
La crocifissione nell’iconografia cristiana
Noi tutti conosciamo l’importanza della croce e della figura di Gesù crocifisso per la religione cattolica. Sappiamo anche che i primi cristiani non raffiguravano mai Gesù in croce, ma utilizzando un’iconografia diversa, simboli e lettere dell’alfabeto greco che pure richiamavano la forma della croce (il tau), o con animali, come il pesce o l’agnello. Questo accadeva in buona parte perché le prime comunità cristiane dovevano nascondersi dalle persecuzioni. Ma dopo il riconoscimento della religione cristiana la figura di Gesù crocifisso inizia subito a diffondersi, con diverse valenze e con innumerevoli declinazioni. Già nel IV secolo il simbolo della croce era ricorrente nell’arte sacra, ma si trattava solo dei due bracci della croce, senza la figura di Gesù. Successivamente il Crocifisso inizia ad apparire sempre più spesso e in poco tempo diventa il simbolo della religione cristiana, così come il Signum Crucis, il segno della croce, è il segno di appartenenza a questa professione per ogni fedele. Le prime rappresentazioni di Gesù lo mostravano con gli occhi aperti e il capo eretto, come se già si preparasse a risorgere (Christus Triumphans).
Con il VII secolo e il Concilio Quininsesto o Trullano II promosso dall’Imperatore Giustiniano si inizia a propendere per una rappresentazione più realistica del Cristo. Restava da definire come rappresentare Cristo in Croce, se bello, come era giusto raffigurare il Figlio di Dio, o stravolto dalla sofferenza che gli uomini gli avevano inflitto. Studiosi, teologi e uomini di chiesa si confrontarono e discussero a lungo, e alla fine prevalse la corrente che invocava un’iconografia della crocifissione con un Cristo che portasse sul volto e sulle membra tutti i segni del male che Gli era stato fatto (Christus Patiens). A cavallo dell’anno 1000 predominano figure di Cristo sofferente e morente, con il capo reclinato, gli occhi chiusi, il corpo straziato, con l’eccezione di qualche “Christus Triumphans”, nelle prime croci dipinte. Il “Christus Patiens” definitivo è probabilmente quello dipinto da Giotto nella Chiesa di S. Maria Novella a Firenze, con la sua drammaticità immortale.
All’inizio del XV secolo e poi con il Concilio di Trento (1545-1563) l’arte sacra figurativa in generale e l’iconografia della crocifissione in particolare iniziano a mostrare un maggior equilibrio compositivo. Il corpo di Cristo ritrova bellezza e armonia anatomiche, nelle opere dei grandi maestri del Rinascimento, senza per questo perdere l’intensità del Suo simbolismo.
La crocifissione nell’arte esprime l‘immensità dell’amore di Dio per tutti gli uomini, il sacrificio del Suo unico Figlio come olocausto offerto per mondare i peccati di coloro che voleva salvare, quegli uomini che avevano già dimostrato di non meritare la Sua misericordia, Adamo ed Eva per primi, e poi coloro i quali avevano reso necessario il castigo del Diluvio. Così un’immagine di assoluta sofferenza, che nel tempo si è evoluta sempre di più, arricchendosi dei dettagli desunti dal racconto evangelico, è diventata un’immagine di gioia e speranza per tutti gli uomini.