San Pellegrino: storia del martire che ispirò Padre Pio

San Pellegrino: storia del martire che ispirò Padre Pio

Chi era San Pellegrino? Conosciamo il giovane martire romano che sfidò l’imperatore per amore del Vangelo e il suo legame con Padre Pio

Chi era San Pellegrino? Questa domanda sembra banale, ma è un punto di partenza fondamentale, per poter scrivere questo articolo. Nel tempo, infatti, il nome San Pellegrino ha dato origine a molta confusione. E non è difficile capirne il motivo. Oltre a San Pellegrino Martire, giovane romano del II secolo di cui stiamo per raccontare la vita e il sacrificio, esistono infatti altri santi omonimi che, pur venerati, appartengono a contesti storici e geografici differenti.
Il più noto è San Pellegrino Laziosi (1265–1345), religioso italiano appartenente all’Ordine dei Servi di Maria, noto soprattutto come patrono dei malati di cancro. Originario di Forlì, visse una vita di preghiera, penitenza e servizio ai poveri. È famoso per aver sofferto di una forma grave di cancro alla gamba, che doveva essere amputata. Secondo la tradizione, la notte prima dell’intervento ebbe una visione di Cristo crocifisso che toccava la sua ferita, e al risveglio era miracolosamente guarito.

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C’è poi San Pellegrino di Auxerre, vescovo e martire del IV secolo, ucciso nel 304 d.C. in Gallia, l’odierna Francia. Le sue reliquie furono successivamente traslate a Roma e da lì diffuse in varie zone d’Italia, contribuendo alla sovrapposizione iconografica e devozionale.
Un altro San Pellegrino famoso è San Pellegrino di Bominaco, venerato in Abruzzo, talvolta chiamato li siriano. La tradizione ne attribuisce un’origine orientale, forse siriaca, ma le fonti storiche su di lui sono scarse e frammentarie.

Distinguere questi santi è fondamentale per preservare l’unicità della testimonianza di San Pellegrino Martire, protagonista di questo articolo, il giovane che scelse il Vangelo invece della paura, la Croce invece del compromesso. Un testimone limpido, puro, senza sovrastrutture: forse proprio per questo, tra i più vicini a chi oggi cerca nella fede una forza semplice e incrollabile. San Pellegrino Martire non fa parte del vasto mosaico della santità cristiana, dove troviamo papi, vescovi e fondatori di ordini religiosi. Tra di essi esistono anche figure più silenziose, ma non per questo meno straordinarie. Tra queste spicca proprio lui, un giovane romano del II secolo, la cui vita, e soprattutto la cui morte, ci raccontano la forza incrollabile della fede agli albori del cristianesimo. Nella nostra epoca disincantata, in cui il martirio sembra un concetto lontano, la figura di San Pellegrino ci invita a riscoprire una fede fatta di gesti semplici e coraggiosi. Non servono parole roboanti per cambiare il mondo: basta una scelta, una presa di posizione, anche quando costa. Anche quando fa male.

Come ci insegnano Pellegrino e Padre Pio da Pietrelcina, che, come scopriremo, a questo giovane martire è legato in un modo sorprendente, la santità non è una vetta per pochi, ma un cammino accessibile a tutti. Un cammino che, spesso, comincia con un sì sussurrato. O con una visita a un santuario.

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Che santo è San Pellegrino?

San Pellegrino non era un uomo di potere né un predicatore carismatico. Era un semplice ragazzo, nato in una famiglia cristiana di umili origini al Vico Lannario, una delle viuzze della Roma imperiale. In un’epoca in cui professarsi cristiani significava spesso firmare la propria condanna a morte, Pellegrino scelse consapevolmente di vivere il Vangelo alla lettera. Visitava poveri, curava gli ammalati, sosteneva spiritualmente i prigionieri. Non con sermoni, ma con gesti concreti.

Il suo luogo del cuore era il palazzo Pudenziano, dove si riuniva la comunità cristiana. Una chiesa nascosta nel cuore della capitale, mentre fuori infuriava la tempesta del potere imperiale. Era il tempo di Commodo, l’imperatore che si credeva un dio. A Pellegrino e ai suoi tre amici, Eusebio, Ponziano e Vincenzo, fu chiesto di riconoscerlo come tale. Loro rifiutarono. Con dolce fermezza, con incrollabile fede. E per questo furono martirizzati nell’anfiteatro Flavio, quello che oggi chiamiamo Colosseo.

Il giorno era il 25 agosto del 192 d.C. Davanti al giudice Vitellio e alla folla romana, i quattro giovani furono flagellati con fruste munite di piombini sulla pietra scellerata, un supplizio riservato ai rei più infami. Ma per loro fu l’altare che li consacrò alla santità, innalzandoli un po’ più vicini al Cielo. Vennero poi lasciati morire lungo la via Aurelia. Il sacerdote Rufino, presente tra la folla, raccolse il loro sangue in quattro ampolle. Quel gesto sigillò la loro testimonianza. Un atto di amore estremo, che nei secoli avrebbe ispirato generazioni di credenti.

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La fama di San Pellegrino, nel tempo, varcò le mura di Roma. Si diffuse soprattutto nel Sud Italia, dove il suo nome è ancora oggi sinonimo di protezione e guarigione. Non a caso, è spesso invocato come santo taumaturgo, capace di intercedere per chi soffre, fisicamente o spiritualmente.

Dove ha vissuto San Pellegrino?

San Pellegrino Martire visse interamente nel cuore di Roma, in un’epoca in cui professare la fede cristiana significava vivere in clandestinità. Nato al Vico Lannario, una piccola via dell’antica città, crebbe in una famiglia cristiana di modeste condizioni. Ma fu proprio in quella semplicità che la sua vocazione sbocciò.

Frequentava la comunità del palazzo Pudenziano, uno dei rari luoghi in cui i cristiani potevano radunarsi prima che l’imperatore Commodo scatenasse una nuova ondata di persecuzioni. Pellegrino non predicava dai pulpiti, ma nelle case e per le strade, visitando poveri, curando malati, confortando prigionieri. Era un apostolo della quotidianità, un testimone del Vangelo nei vicoli dell’Impero.

Quando cade San Pellegrino?

La memoria liturgica di San Pellegrino Martire cade il 25 agosto. In molte località del Sud, in particolare ad Altavilla Irpina, è festa grande. Processioni, celebrazioni, canti popolari e manifestazioni che intrecciano il sacro e il profano, come accade spesso nel cuore profondo dell’Italia cristiana.

Il Santuario di Altavilla è ancora oggi una meta di pellegrinaggio, non solo per la memoria del martire, ma anche per il suo legame con Padre Pio. Ogni anno, migliaia di fedeli vi si recano per chiedere una grazia, per pregare, o semplicemente per ritrovare il silenzio e la pace.

Il miracolo che ispirò Padre Pio

C’è un dettaglio che rende la storia di San Pellegrino ancora più potente. Un ponte inaspettato tra il II e il XX secolo. Da ragazzo, Francesco Forgione, il futuro Padre Pio, visitò il Santuario di San Pellegrino ad Altavilla Irpina, in provincia di Avellino. Era solo un bambino, ma quel pellegrinaggio fu per lui l’inizio di qualcosa. Secondo i racconti, in quel luogo sacro visse la sua prima esperienza mistica, una sorta di miracolo fondativo della sua vocazione.

È l’alba del 25 agosto 1896. Pietrelcina dorme ancora, ma due figure si muovono lentamente lungo la strada sterrata che porta verso l’Irpinia. Uno è Grazio Forgione, contadino dalle mani forti e dal cuore semplice. L’altro è suo figlio, Francesco, un bambino dagli occhi attenti e silenziosi. Viaggiano a dorso d’asino, diretti ad Altavilla Irpina, dove si celebra la festa di San Pellegrino Martire. Per Grazio è un giorno di devozione. Per Francesco sarà molto di più. Giunti al paese, le vie brulicano di gente. La Collegiata dell’Assunta è già gremita: uomini, donne, bambini, pellegrini da ogni angolo della Campania sono accorsi per onorare il santo taumaturgo nel giorno del suo martirio. L’aria profuma d’incenso e sudore. Le campane suonano a festa. Padre e figlio si fanno largo tra la folla e, con un misto di fatica e stupore, raggiungono l’altare maggiore. Francesco si inginocchia, lo sguardo fisso sulla statua del santo. Pregano. Le voci intorno si fanno più forti, quasi fastidiose. Grazio, infastidito, gli sussurra: “Usciamo, Ciccillo, c’è troppa confusione.” Ma il ragazzo non si muove. Ha gli occhi sbarrati, il respiro corto.
D’un tratto, nella chiesa, risuonano le grida di una madre disperata. Stringe tra le braccia un bambino deforme, le gambe contorte, il volto segnato dalla sofferenza. Piange, supplica, invoca il Santo. Poi, con un gesto disperato, posa il piccolo a terra, proprio davanti all’altare. Il silenzio cala d’improvviso, come un presagio.
E accade l’inspiegabile.
Il bambino si alza. Cammina. Guarito.
Francesco resta immobile, il volto rigato dalle lacrime. Non riesce a parlare. Quello che ha visto gli ha attraversato l’anima. Qualcosa è cambiato dentro di lui, per sempre. In quel giorno d’agosto, in una chiesa affollata dell’Irpinia, un bambino ha incontrato il mistero. E ha risposto con un  silenzioso.

Anni dopo, ormai divenuto Padre Pio, avrebbe ricordato quel momento come l’origine del suo cammino spirituale. Ne parlava a bassa voce, con pudore e gratitudine. Lo confidò anche a Padre Raffaele di Sant’Elia a Pianisi, suo confessore e uno dei pochi a cui apriva davvero il cuore. Fu proprio lui a dire: “Quel miracolo fu una specie di annuncio di tante cose misteriose che in seguito Dio avrebbe compiuto attraverso il futuro Padre Pio.”

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San Pellegrino, dunque, non fu solo un martire dell’antichità. Fu anche la scintilla che accese la fiamma in uno dei santi più amati del Novecento. Due anime separate da secoli, ma unite da una stessa logica d’amore: quella della Croce. Entrambi vissero nella carne il mistero del dolore redentivo. Pellegrino attraverso il martirio, Padre Pio attraverso le stimmate. Entrambi affrontarono la sofferenza non come maledizione, ma come dono. Una partecipazione concreta al sacrificio di Cristo. Ed è proprio in questa comunione spirituale che la loro santità si rafforza, diventando esempio vivo per chi oggi cerca senso nella prova.