Santi di ghiaccio: il fenomeno che porta l’inverno in primavera - Holyblog

Santi di ghiaccio: il fenomeno che porta l’inverno in primavera

Santi di ghiaccio: il fenomeno che porta l’inverno in primavera

Chi sono i santi del ghiaccio, che nel pieno della primavera ci riportano per pochi giorni nel cuore dell’inverno? A metà tra tradizione contadina e devozione, ecco cosa accade nei giorni a loro dedicati

Chi sono i Santi di ghiaccio? L’appellativo bizzarro può a prima vista far pensare a sculture sacre che raffigurano appunto dei santi, o piuttosto a certe atmosfere fiabesche, che ci riportano ai paesi del nord, alla fiaba della Regina delle Nevi, e così via. La realtà è molto più concreta, legata a un fenomeno climatico che, sebbene venga definito un’anomalia, o, come dicono i meteorologi, una singolarità, è stato studiato per secoli, e ancora oggi influenza la vita degli uomini, in particolare dei contadini.

Ma di cosa si tratta? E perché Santi di ghiaccio?

In pratica avviene da sempre che in concomitanza con la sesta settimana dopo l’Equinozio di Primavera, che ricordiamo il 21 marzo, l’inverno, che sembrava lontano, irrompe di nuovo per una manciata di giorni, portando a un improvviso abbassamento delle temperature e, in alcuni casi, a gelate che mettono a rischio la semina e i germogli appena nati. Questo è uno dei motivi per cui, soprattutto in alcune zone dell’Europa centro settentrionale, dove il fenomeno è più diffuso e intenso, i contadini preferiscano attende che i giorni dei Santi di ghiaccio siano passati, prima di procedere a seminare.

Secondo il calendario gregoriano, il periodo di cui stiamo parlando va dall’11 al 15 maggio. Questi cinque giorni sono stati dedicati nei secoli ad altrettanti santi, e la tradizione ad essi legata, a metà tra folklore contadino, saggezza popolare e devozione, è ancora molto diffusa soprattutto, come dicevamo, nel Nord Europa, e in particolare in Germania, Svezia, Polonia, Austria, Svizzera, ma anche Francia, Inghilterra e Ungheria.

Anche nel nostro paese esistono leggende legate ai Santi del ghiaccio, che nel tempo hanno dato origini a usanze e proverbi, tra la popolazione contadina, ancora molto diffusi.

Vediamo i nomi dei Santi di ghiaccio: San Pancrazio, San Servazio, San Mamerto, San Bonifacio di Tarso e Santa Sofia di Roma, la cui memoria liturgica cade però il 17 settembre, e che i tedeschi chiamano die kalte Sophie, “la fredda Sofia”.

Conosciamoli meglio e teniamo d’occhio il meteo di maggio!

San Mamerto

Il primo dei Santi di ghiaccio che ricordiamo, la cui memoria liturgica è celebrata l’11 maggio, è San Mamerto di Vienne (Mamert de Vienne), un arcivescovo francese vissuto nel V secolo.
Celebre per la sua educazione letteraria e teologica, fu vescovo di Vienne, si scontrò con l’arcivescovo di Arles, e dal 470 d. C. introdusse in Francia le Rogazioni, processioni propiziatorie accompagnate da preghiere e atti di penitenza, che avevano lo scopo di attirare la Grazia divina per favorire la semina, combattere la siccità, contrastare calamità naturali.
Ancora oggi i suoi resti riposano a Vienne, nell’antica chiesa di San Pietro di Vienne, e a lui sono dedicate chiese, cappelle e ospedali, anche in Italia.

San Pancrazio

San Pancrazio, ricordato il 12 maggio, morì giovanissimo, appena quattordicenne, durante una persecuzione contro i cristiani promossa dall’impero di Diocleziano. Nato in Frigia, provincia dell’Asia Minore, da genitori romani, rimase orfano molto presto, e crebbe con lo zio Dionisio, che lo portò a Roma e lo introdusse nella comunità cristiana. Ricevuto il Battesimo, il giovane Pancrazio aderì con passione e entusiasmo alla nuova religione, e venne inevitabilmente travolto dalla persecuzione scatenata dall’Imperatore. Portato davanti a Diocleziano stesso, che rimase stupito dalla bellezza e dal fervore di quel giovane cristiano, venne blandito e minacciato in ogni modo, perché abiurasse la propria fede, ma si mostrò così deciso e inflessibile che l’Imperatore fu costretto a condannarlo a morte. Venne decapitato al tramonto sulla via Aurelia, e Ottavilla, una matrona romana, fece raccogliere il suo corpo e la testa, li preparò per la sepoltura e li fece deporre in un sepolcro sul quale in seguito venne eretta una Basilica. La sua devozione si diffuse molto anche in Germania, e divenne co-patrono dell’Ordine dei Cavalieri Teutonici.
Oggi le sue reliquie riposano in buona parte nella Basilica di San Pancrazio, eretta sul luogo del martirio, ma alcune parti del suo corpo sono custodite in chiese italiane e francesi.

San Servazio

Il 13 maggio si festeggia un altro Santo di ghiaccio, Servazio di Tongres, vescovo di Tongeren, in Belgio, originario dell’Armenia. Vissuto nel IV secolo d.C., fu un grande sostenitore di Sant’Atanasio di Alessandria durante il Concilio di Nicea (325 d.C.), il primo concilio ecumenico cristiano. Fu anche il primo a evangelizzare il Belgio. I suoi resti sono custoditi a Maastricht, in Olanda, nella Basilica che porta il suo nome.

San Bonifacio di Tarso

Il 14 maggio, ultimo giorno dei Santi di ghiaccio, si ricorda Bonifacio di Tarso, martire cristiano, anch’esso vittima delle persecuzioni di Diocleziano e Galerio. Intendente di una nobildonna di nome Aglaida, andò per lei a Tarso per riportare a Roma alcune preziose reliquie di Santi. Pagana, Aglaida si era avvicinata al Cristianesimo, e sperava che le reliquie l’aiutassero a comprenderlo meglio. Giunto a Tarso, nel pieno della persecuzione contro i cristiani, Bonifacio si dichiarò egli stesso cristiano e subì il martirio. Quando il suo corpo imbalsamato fu riportato a Roma e riconsegnato alla sua padrona, quest’ultima si fece a sua volta cristiana e trascorse il resto della sua vita in preghiera. I resti di Bonifacio furono posti in quella che oggi è la Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio, fatta costruire da Aglaida sull’Aventino.

Santa Sofia di Roma

Associata ai Santi del ghiaccio, sebbene la sua memoria liturgica sia a settembre (ma nel Medioevo era celebrata il 15 maggio), Santa Sofia o Sonia visse a Roma nel II secolo d.C.
Matrona sposata con l’illustre senatore Filandro, si era fatta cristiana e aveva dato alle proprie figlie i nomi delle tre virtù teologali: Pistis (Fede), Elpis (Speranza), Agape (Carità). Convertì anche il marito al Cristianesimo e, dopo la sua morte, si dedicò a opere di misericordia e proselitismo.
Denunciata come cristiana, venne condotta davanti all’imperatore Adriano, che la fece fustigare e marchiare sulla fronte col marchio d’infamia. Poi fece torturare e decapitare una dopo l’altra le sue tre figlie davanti ai suoi occhi.
Sofia le seppellì e si lasciò morire sulla loro tomba. Era il 122 d.C. La tomba di Sofia e delle figlie è ancora visibile nelle catacombe di San Pancrazio sulla via Aurelia.
La memoria di Santa Sofia e delle sue tre figlie venne inserita in vari Martirologi e vengono festeggiate tutte insieme il 17 settembre. L’iconografia le raffigura come quattro donne vestite a lutto.