Il Crocifisso Miracoloso: il crocifisso che salvò dalla peste

Il Crocifisso Miracoloso: il crocifisso che salvò dalla peste

C’è un crocifisso miracoloso, che in tempi lontani salvò Roma dalla peste. Oggi è diventato il simbolo del mondo che prega e lotta contro la pandemia. Scopriamo qualcosa di più.

Oggi vogliamo parlare di un crocifisso miracoloso. È un tempo che necessità miracoli, quelli che ciascuno di noi può cercare di realizzare ogni giorno, per migliorare il mondo che lo circonda, e quelli più grandi, che vengono dall’alto, per chi sa ancora credere, per chi si rivolge con fiducia a Dio nel bisogno.

Venerdì 27 marzo, in una piazza San Pietro deserta, resa ancora più spettrale dalla pioggia battente e dai lampeggianti delle macchine della polizia in lontananza, Papa Francesco ha pregato per la fine della pandemia e ha concesso l’indulgenza plenaria. Si è trattato di una Statio Orbis, un momento di sosta, di sospensione, in cui milioni di persone collegate attraverso la TV e il web hanno assistito e partecipato alla preghiera del Sommo Pontefice. Lo scenario era drammatico, più di quanto qualsiasi film abbia potuto rendere negli ultimi anni. In sottofondo alla voce del Papa, il suono delle campane e quello incessante delle sirene delle ambulanze.

Un dettaglio ha catalizzato l’attenzione di tutti, fedeli e non, che hanno assistito a questa diretta destinata a restare nella storia del nostro tempo: Papa Francesco che pregava davanti a una grande crocifisso in legno. Impossibile distogliere lo sguardo da quella figura sofferente e magnifica, quel corpo straziato dalle ferite della Passione, l’agonia resa eterna dal legno, dalla mano sapiente di un anonimo artista vissuto molti secoli fa. Eppure sembrava così attuale quel Cristo in croce, così contingente il suo dolore, vicino a quello del Papa che pregava per il mondo, solo, sotto la pioggia che cadeva indifferente. Vicino a ciascuno di noi.

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Il crocifisso miracoloso che ha accompagnato Papa Francesco in questo giorno memorabile è il cosiddetto Crocifisso di San Marcello, solitamente custodito nella chiesa di San Marcello al Corso, nel rione Trevi, lungo via del Corso, appunto, una delle vie dello shopping della capitale. La chiesa, risalente nella sua edificazione originaria al IV secolo, custodisce anche i resti di Papa Marcello I, perseguitato da Massenzio e morto di sfinimento nelle stalle del catabulum (ufficio postale centrale dello Stato).

Ma cosa rende questo particolare crocifisso miracoloso? La leggenda vuole che il 22 maggio del 1519 un terribile incendio abbia raso al suolo la chiesa di San Marcello. Dalle rovine dell’edificio, tuttavia, venne tratto questo antico crocifisso in legno, risalente al XIV secolo, opera di un artista anonimo. Nonostante la distruzione che lo circondava, esso appariva miracolosamente intatto. Ai suoi piedi, ardeva ancora una piccola lampada ad olio. Come accadeva in quei casi, subito la storia del crocifisso miracoloso volò di bocca in bocca, e nacque un gruppo di preghiera ad esso devoto, che si riuniva ogni venerdì: la Compagnia del SS. Crocifisso, divenuta poi Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso in Urbe, ancora oggi attiva. La chiesa venne riedificata e il crocifisso divenne oggetto di devozione popolare.

Ma c’è di più. Nel 1522, tre anni dopo l’incendio, Roma venne colpita da una terribile pestilenza. Mentre la morte percorreva instancabile le strade della Città Eterna, mietendo vittime, qualcuno ricordò il crocifisso miracoloso di San Marcello. I frati dei Servi di Maria portarono fuori il crocifisso, che per ben sedici giorni, dal 4 al 20 agosto, venne condotto in processione per tutti i quartieri della città. Alla fine di quel periodo, quando infine il crocifisso giunse in piazza San Pietro, la pestilenza si fermò. A quel punto il potere miracoloso del crocifisso di San Marcello venne riconosciuto da tutti.

Nei secoli si perpetrò l’usanza di portare in processione il crocifisso in occasione del Giovedì santo, il giovedì precedente la Domenica di Pasqua. La processione partiva dalla chiesa di San Marcello e procedeva fino a San Pietro. La fama del crocifisso miracoloso è perdurata attraverso i secoli.
Nel 2000, al culmine della Giornata del Perdono, nell’ambito del Giubileo, l’allora Papa Giovanni Paolo II abbracciò quello stesso crocifisso.
Sul retro della croce sono stati incisi i nomi dei Pontefici che si sono succeduti e gli anni in cui hanno avuto luogo i Giubilei.

Già il 15 marzo Papa Francesco aveva lasciato il Vaticano per recarsi a pregare davanti al crocifisso miracoloso.
Poi, il 27, come abbiamo detto, il crocifisso di San Marcello è stato portato in piazza San Pietro, e con lui la Salus Populi Romani, l’icona bizantina che raffigura la Madonna col Bambino e che si trova nella cappella Paolina o Borghese della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma.

Papa Francesco ha poi voluto che il crocifisso di San Marcello, per l’occasione in parte restaurato, venisse portato nella Basilica di San Pietro e posto sopra l’altare maggiore, sotto il Baldacchino di San Pietro, per la celebrazione della messa della Domenica delle Palme e per tutti i riti della Settimana Santa.

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Una decisione comprensibile. Oggi più che mai, in questa Pasqua celebrata nelle chiese deserte, senza ulivo benedetto, senza Eucarestia, il bisogno di poter trovare conforto in immagini di bellezza e forte spiritualità e più grande che mai. Del resto questo è stato da sempre il messaggio portato avanti dall’arte sacra, la volontà di elevare lo spirito e emozionare il cuore davanti a una rappresentazione visiva di ciò che è altrimenti ineffabile, invisibile. In particolare un’opera come il crocifisso miracoloso di San Marcello, con il suo carico di sofferenza e speranza, con l’eco di secoli di preghiere e devozioni versate sulle sue membra contratte dal dolore, incarna molto bene il dramma in cui il mondo si sta dibattendo.

In questo momento più che mai è necessario cercare conforto in figure capaci di ispirare il bene, ricordare Santi e le Sante guaritori che proteggono e aiutano contro le malattie, o simboli di devozione e fede, come questo crocifisso che salvò Roma dalla peste.

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Proprio come ha fatto il Papa, anche noi imploriamo per una pausa, un momento di sospensione, che apra le menti e i cuori e ci conduca a Dio, lasciando entrare la speranza che la Pasqua rappresenta.