Festa di tutti i santi: 1 Novembre

Festa di tutti i santi: 1 Novembre

Il 1 novembre la Chiesa cattolica celebra la festa di tutti i santi. Una festa antica, della quale forse oggi si è un po’ perso di vista il giusto spirito. Tra tradizioni popolari e devozione religiosa riscopriamola insieme.

Vogliamo cominciare il nostro excursus sulla festa di tutti i santi che si festeggia il 1 novembre specificando cosa NON si festeggia, non nel nostro paese, almeno. Infatti la notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre nei paesi anglosassoni e soprattutto in America si festeggia Halloween. Si tratta di una festa molto amata soprattutto dai bambini, che, in questa occasione, si travestono da mostri, streghe e fantasmi e vanno di casa in casa chiedendo dolci e caramelle. La ‘punizione’ per chi non li accontenta è uno scherzo, da cui la formula “dolcetto o scherzetto” (trick or treat) ormai universalmente nota.

Halloween trae la sua origine da Samhain, la festa celtica che celebra la fine dell’estate, che secondo l’antico calendario celtico cadeva proprio il 31 ottobre.

halloween
Ma ci sono altre celebrazioni che hanno luogo in diversi paesi del mondo.

Nonostante la diffusione internazionale, in Italia dunque non avrebbe senso festeggiare Halloween, festa ormai soprattutto commerciale, ma in realtà ci sono interessanti analogie tra le usanze diffuse nelle varie regioni del nostro paese per celebrare Ognissanti e ciò che accade oltre Oceano. Forse, al di là delle connotazioni più consumistiche e macabre, potremmo scoprire che Halloween, nella sua concezione originaria e in alcune moderne declinazioni, non è così lontana da noi. Lo stesso nome Halloween deriverebbe da All Hallows’ Eve, “la vigilia del giorno di Ognissanti” in inglese arcaico.

Ma andiamo con ordine.

Come nasce la Festa di Ognissanti

La festa di Tutti i Santi o Ognissanti affonda le sue origini nei primi secoli della chiesa stessa. Infatti il primo a voler dedicare un giorno al ricordo e alla celebrazione dei santi e dei martiri fu Papa Bonifacio IV. Per sua volontà la giornata del 13 maggio del 610 venne consacrata e dedicata a tutti coloro i quali avevano subito il martirio nei secoli precedenti. Successivamente, nel 840, Gregorio IV chiese espressamente a re Luigi il Pio di poter spostare la data al 1 novembre, trasformando la festa dei martiri nella festa di tutti i santi. La scelta di questa data non è casuale. Anticamente nello stesso periodo a Roma si teneva un’antica festa dedicata a Pomona, dea di semi e frutti, ed è probabile che il Papa abbia voluto creare una certa continuità tra le due feste pagane e cristiana.

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Il giorno di tutti i santi, dunque, celebra tutti quegli uomini e quelle donne che hanno dimostrato un rapporto speciale con Dio, una sorta di vicinanza al divino superiore rispetto ai loro simili. Ricorda anche tutti coloro i quali, tra essi, hanno accettato di essere perseguitati, torturati e uccisi in nome della loro fede, per testimoniarla agli occhi del mondo. Non a caso la parola martire deriva dal greco antico màrtus, “testimone”.

È una festa che avvicina la terra al cielo e ai suoi abitanti, i beati, che hanno saputo conquistare il proprio posto in Paradiso, ma non per questo hanno smesso di essere legati anche alla terra. Infatti il loro ricordo, il loro esempio di vita e di fede li rende ancora oggi modelli di vita cristiana. Il corpo della Chiesa include anche loro, in una comunione tra terra e cielo, tra vivi e morti, dove la devozione e l’amore verso Dio è più forte della morte e del tempo. Questo dovrebbe farci riflettere, quando passiamo davanti alle statue dei santi, nelle nostre chiese, al fatto che essi non sono solo effigi di marmo o legno o resina, icone irraggiungibili, ma uomini e donne come noi, che hanno saputo ergersi al di sopra delle bassezze e dei limiti umani, in nome di un ideale superiore, di un superiore amore. Lo stesso potremmo farlo noi, in ogni momento.

Per questo la festa di Ognissanti è una festa importante, una festa di precetto, nella quale “i fedeli sono tenuti all’obbligo di partecipare alla Messa; si astengano inoltre da quei lavori e da quegli affari che impediscono di rendere culto a Dio e turbano la letizia propria del giorno del Signore o il dovuto riposo della mente e del corpo.” (Codice di diritto canonico, can. 1247)

Nel giorno dei santi si commemorano tutti i santi della Cristianità, sia quelli ricordati nel calendario, che naturalmente non può racchiuderli tutti, sia quelli che non hanno un giorno particolare a loro dedicato. Anzi, è probabile che la chiesa abbia voluto istituire la festa di Ognissanti proprio per supplire a questa mancanza nei confronti di santi e sante privi di una loro festa.

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Correlazione 1° novembre con 2 novembre

Nell’antica Roma ogni anno tra il 13 e il 21 febbraio si celebravano i Parentalia, nove giorni dedicati al ricordo e alla commemorazione dei defunti. L’ultimo giorno di festa era denominato Feralia e tutta la città si riuniva per onorare i Mani, le anime dei defunti, con cerimonie pubbliche e sacrifici. Oltre alle cerimonie ufficiali tutti i cittadini romani andavano a visitare le tombe dei propri antenati defunti e portavano loro dei doni, che servivano per placarli, qualora fossero inquieti. Si trattava solitamente di un vaso di argilla decorato con ghirlande di fiori e spighe di grano. All’interno era posto un pizzico di sale, del pane imbevuto nel vino e viole. In quel giorno i templi restavano chiusi e molte abituali attività venivano sospese.

Questa premessa storica serve per introdurre la Commemorazione dei fedeli defunti, o “giorno dei morti”.

Si tratta di una solennità sancita dalla chiesa cattolica in occasione della quale si ricordano i cari defunti andando a visitare le loro tombe, accendendo lumini votivi e pregando per loro.

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Le origini di questa ricorrenza sono probabilmente legate anche a un rito bizantino che celebrava i defunti, il sabato prima della domenica di Sessagesima, tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio.
Nel 1998 l’abate benedettino Sant’Odilone di Cluny ordinò che le campane dell’abbazia suonassero a morto dopo i vespri del 1 novembre per celebrare i defunti.
Il primo riferimento documentato all’Anniversarium Omnium Animarum risale al XIV secolo.

Per prepararsi adeguatamente al giorno dei morti si può pregare in loro suffragio con la Novena dei morti, cominciando il giorno 24 ottobre. Ma anche solo fare visita alle loro tombe, accendere per loro un lumino o una candela, può essere un gesto apprezzabile. Riguardo all’importanza delle luci sulle tombe abbiamo pubblicato un interessante articolo, che spiega come anche la piccola luce di un lumino votivo possa rappresentare per chi è passato dall’altra parte un punto di riferimento prezioso, un’arma per affrontare l’oscurità e trovare la strada verso il cielo.

Ma nel giorno dei morti ricordiamo anche tutte le anime di coloro i quali sono in Purgatorio, e con le nostre preghiere cerchiamo di rendere il loro transito più rapido e lieve.

Gli altri paesi del mondo lo festeggiano?

Non è solo l’Italia a celebrare Ognissanti e il giorno dei morti. Abbiamo già accennato a come l’antica festa celtica Shamain, contaminata dall’influsso cristiano di Ognissanti (All Hallows’ Eve) abbia dato origine a Halloween.

Una delle più pittoresche è sicuramente Dia de los Muertos in Messico, Si tratta di una commemorazione dei defunti vissuta in un clima a dir poco gioioso, ricco di colori e suggestioni. La festa dei morti messicana ha origini precolombiane e ha luogo nei primi giorni di novembre, come il nostro giorno dei morti. Si crede che in questi giorni di festa i morti tornino tra i vivi per raccogliere il calore e l’amore dei parenti e degli amici che li ricordano. Per questo non bisogna mostrare tristezza, ma gioia, per non rattristare gli spiriti in visita. Tutto il paese si riempie di cempasùchtil, un fiore già usato dagli atzechi nelle loro cerimonie. Cibo, vino e liquore vengono consumati in abbondanza e portati sulle tombe, in una grande festa piena di musica e fuochi d’artificio che coinvolge vivi e morti.

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In Polonia, nei primi giorni di novembre si va a ornare le tombe dei cari defunti con crisantemi, ghirlande e candele, ma anche cibo, per ricordare come, anticamente, i saggi del villaggio giudicassero le anime dei defunti in cambio di cibo e bevande da parte dei famigliari.

In Francia il 1° novembre si festeggia la Fête de la Toussaint, dedicata a tutti i santi, mentre il giorno dopo è Le Jour des Morts, il giorno dei morti. Oltre a visitare le tombe dei cari defunti, nella mezzanotte tra il 1 e il 2 novembre nelle case francesi si prepara una cena costituita da latte, grano nero, pancetta, crepe e sidro, per ricordare chi non c’è più mangiando, cantando e raccontando storie sulla morte.

Nelle Filippine si onora il ricordo dei defunti con veri e propri picnic nei cimiteri. Vivi e morti festeggiano insieme, con cibo e musica, e molti scelgono di dormire presso le tombe dei loro cari, per portare avanti i festeggiamenti anche durante la notte.

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Biko: dolce delle Filippine in occasione del Giorno dei morti

Anche gli abitanti dell’isola Mauritius festeggiano Ognissanti e il giorno dei morti in allegria, commemorando i defunti con una cerimonia gioiosa e colorata. Sulle tombe lavate e ornate di fiori vengono disposti i piatti preferiti del defunto e si brinda a lui con un bel bicchiere di rhum.

Usanze in Italia

E a seconda delle zone d’Italia che usanze ci sono per festeggiare Ognissanti e il giorno dei morti?
Anche in Italia si festeggia con il cibo, anche se esso non viene portato sulle tombe dei defunti. In particolare, ci sono molti dolci regionali tipici che vengono preparati o venduti in questi giorni.

Pensiamo al pan dei morti lombardo, fatto di cacao, fichi secchi, mandorle, spezie e vin santo, alle ossa da mordere piemontesi, biscotti senza burro, senza farina, senza lievito, alla frutta di Martorana siciliana, fatta con pasta di mandorle, alla colva, un misto di grano cotto e frutta secca, pugliese, agli stinchetti dei morti umbri, alle fave da morto emiliane e laziali a base di mandorle.

Ci sono poi usanze e tradizioni molto suggestive, che variano di regine in regione.

In Sicilia, i defunti portano giocattoli e dolci ai bambini buoni, in particolare i pupi di zuccaro, statuette di zucchero dipinte, i crozzi ‘i mottu (ossa di morto), i nucatoli e i tetù bianchi e marroni, i primi decorati con zucchero, i secondi con polvere di cacao. Un’usanza curiosa prevede che la sera del 1 novembre si nasconda la grattugia perché i defunti potrebbero usarla per grattare i piedi ai bambini cattivi. A Palermo e a Catania la città si anima per la Grande Fiera dei Morti.

nucatoli e tetu
I “nucatoli” e i “tetù” bianchi e marroni

In Sardegna si andava a messa e al cimitero, poi si tornava a casa, si cenava e si lasciava la tavola imbandita perché anche i defunti potessero festeggiare con cibo e bevande. Inoltre, come accade oggi per Halloween, i bambini andavano in giro di porta in porta a bussare dicendo morti, morti. In cambio ricevevano dolci, frutta secca e spiccioli.

Anche in Puglia la sera dell’1 novembre si imbandisce la tavola per i morti che nella notte tornano a visitare i parenti. Il cibo viene cucinato su braci ottenute da falò di rami di ginestra e gli avanzi vengono lasciati agli angoli delle strade. Ma in questa regione si decorano anche le zucche, le cocce priatorje, in modo non dissimile dalle lanterne della tradizione anglosassone.

Le zucche vengono svuotate, intagliate e trasformate in lanterne anche in Abruzzo. Molti lumini e candele vengono accesi e posti sui davanzali delle finestre, uno per ogni parente o amico perduto.

In Calabria un tempo si organizzavano banchetti direttamente nei cimiteri, sulle tombe, invitando chiunque passasse di lì a prendervi parte.

In Liguria i bambini praticavano la questua casa per casa. Per loro venivano preparati il ben dei morti: bacilli (fave secche) e balletti (castagne bollite).

In Toscana e Lazio si mettevano scarpette sulle tombe dei bambini, credendo che nella notte tra l’1 e il 2 novembre tornassero a camminare nel mondo dei vivi. A Roma si andava a mangiare accanto alla tomba del defunto.

In Emilia Romagna non erano solo i bambini, ma i poveri ad andare di casa in casa a chiedere la carità di murt. Le persone di buon cuore davano loro cibo.

In Lombardia si lasciava in cucina un vaso di acqua fresca perché i morti potessero bere, una zucca piena di vino e il fuoco acceso nel camino. Nelle campagne di Cremona ci si alzava presto e si rifaceva con cura il letto per cederlo ai defunti per qualche ora.

In Piemonte si apparecchiava un posto in più a tavola per i cari defunti. Mentre le famiglie erano al cimitero, poi, le case venivano lasciate libere per i morti, che potevano farvi ritorno. Prima di rientrare si facevano suonare le campane, così che essi potessero andarsene in tutta tranquillità

In Friuli Venezia Giulia si tiene una candela accesa sul davanzale della finestra, una ciotola d’acqua e un pezzo di pane. I morti vanno in giro fino al primo canto del gallo.

Anche Trentino Alto Adige si lascia la tavola imbandita con ogni ben di Dio. Le campane suonano a lungo per richiamare le anime alle case dei loro cari.