Il concetto di Trinità riassume la dottrina fondamentale della chiesa cattolica: Dio è Uno e Unico, e tuttavia in lui coesistono tre Persone uguali e distinte. Comprendiamo insieme come.
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Per la sua importanza basilare nell’atto di credere di ogni cristiano, il dogma della Santissima Trinità meriterebbe un approfondimento teologico molto lungo e articolato.
Noi vorremmo spiegarlo in modo semplice e comprensibile, attraverso le parole di una preghiera che tutti conosciamo e impariamo fin da bambini: il Credo.
La Santissima Trinità nel Credo
Questo mistero centrale della fede e della vita cristiana è stato affermato fin dal primo Concilio di Nicea, nel 325 d.C, e inserito nel Credo niceno-costantinopolitano redatto successivamente al Concilio. In tale documento-preghiera, che aveva lo scopo di appianare le numerose dispute che dividevano la chiesa del tempo, l’unicità di Dio viene affermata come primo articolo della professione di fede:
Credo in un solo Dio,
Padre onnipotente,
creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.
e, in un secondo articolo, viene riconosciuta e dichiarata la divinità di Gesù Cristo figlio di Dio:
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo,
unigenito Figlio di Dio,
nato dal Padre prima di tutti i secoli.
E di seguito:
Dio da Dio,
Luce da Luce,
Dio vero da Dio vero,
generato, non creato,
della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di lui tutte le cose sono state create.
È proprio in questa preghiera che impariamo fin da bambini che si riassume il mistero della Santissima Trinità: Dio è uno solo, la sua sostanza divina è unica, e tuttavia in questa sostanza unica coesistono tre “persone” distinte. Per definire queste tre persone è stato usato il termine greco “ipòstasi”, col significato teologico di persona, accompagnandolo al concetto di “ousia”, sostanza, per definire che nella Trinità convivono un’ousia e tre hipostasis, una sostanza e tre persone
Quali sono le tre Persone che compongono la Santissima Trinità?
Due le abbiamo già nominate citando il Credo: Dio Padre, creatore del cielo e della terra, e Gesù Cristo suo Figlio, Salvatore del mondo.
La terza Persona della Santissima Trinità è lo Spirito Santo, inviato da Dio Padre nel nome di Cristo. Citando ancora il Credo:
Credo nello Spirito Santo,
che è Signore e dà la vita,
e procede dal Padre e dal Figlio.
Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato,
e ha parlato per mezzo dei profeti.
dove il verbo procedere è usato nell’accezione di derivare. Dunque lo Spirito Santo deriva dal Padre e dal Figlio, è fatto della loro stessa sostanza. L’ultima definizione “e dal Figlio”, resa con l’espressione latina filioque, venne aggiunta proprio in occasione della redazione del Credo Niceno-Costantinopolitano, e fu una delle principali cause del Grande Scisma d’Oriente del 1054, perché il patriarca di Costantinopoli di allora la considerò un’eresia.
La Santissima Trinità nella Sacre Scritture
Nell’Antico Testamento non si parla di Trinità. Dio è uno e unico, e dalla vitalità e pienezza del Suo Spirito deriva la spiritualità degli uomini. Ci sono naturalmente degli accenni che preparano l’avvento del Messia, o dello spirito Santo, o ancora brani che differenziano in qualche modo le manifestazioni di Dio, parlando per esempio di “riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e immagine della sua bontà” (Sap 7,26). Ma, in generale, i libri del Vecchio Testamento conservano l’unicità della Persona e della Sostanza di Dio, anche per evitare di cadere nel rischio di politeismo.
È nel Nuovo Testamento che la Trinità incontra la sua rivelazione, quando il Verbo si fa carne in Gesù (Gv 1,14) e, successivamente alla morte e resurrezione di quest’ultimo, con la discesa dello Spirito Santo.
Nei Vangeli Gesù e Dio Padre sono indicati come una cosa sola:
“Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30)
“Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre?” (Gv 14,9)
e tuttavia distinti:
“Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.” (Mt 11,27)
Gesù si rivolge a Dio Padre come ad altro da sé, in molti passi, ma, nello stesso tempo, tutta la sua esperienza, la sua stessa sostanza, rimanda a Dio.
Il Battesimo di Gesù mostra un passaggio importante, perché la voce di Dio scende dal Cielo per riconoscere in lui il Figlio prediletto:
“E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto»” (Mc 1,10-11)
Ci sono anche accenni alla venuta dello Spirito Santo, come dono di Dio, emanazione del suo Amore che si manifesterà attraverso Suo Figlio, al momento della sua glorificazione:
“Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: «Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno». Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato.” (Gv 7,37-39)
Alcuni passi del Nuovo Testamento menzionano in maniera esplicita le tre persone della Santissima Trinità:
- quando Gesù ordina di battezzare tutte le nazioni “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19);
- nel riferimento di San Paolo alle tre persone come fondamento della diversità dei ministeri nella Chiesa, pur nell’unità di Dio: “Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti” (1Cor 12,4-6);
- nella formula di saluto al termine della seconda lettera ai Corinzi: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.” (2Cor 13,13)
E qui, come detto, ci fermiamo, consapevoli di non poter esaurire un argomento così variegato e profondo in un unico articolo. Ricordiamo che la chiesa cattolica festeggia la SS. Trinità nella domenica successiva alla Pentecoste, nella celebrazione definita appunto Solennità della Santissima Trinità.
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Il dogma della Santissima Trinità ricorre spesso nella storia dell’arte, com’è inevitabile vista la sua importanza, sebbene non sia stato facile per i grandi artisti del passato tradurne il profondo mistero.
In particolare abbiamo parlato in un precedente articolo dedicato alle Icone Russe più famose di un’icona realizzata intorno al 1422 e oggi custodita alla Galleria Statale Tretjakov, a Mosca: “La Trinità” di Andrej Rublev.
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In questa icona, una delle più belle mai dipinte in Russia, il grande pittore russo Andrej Rublev scelse di raffigurare la Santissima Trinità in un modo diverso dal solito, dipingendo tre angeli che rappresentano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. I tre angeli, probabilmente arcangeli, cinti da aureole e con ali dorate, sono seduti intorno a un tavolo, su cui è posata una coppa, simbolo del sacrificio di Cristo. Il tavolo è quello di Abramo, che ricevette la visita di tre viandanti (Genesi 18) che annunciarono a lui e a sua moglie Sara la nascita del figlio Isacco. Per questo motivo l’icona è nota anche come Ospitalità di Abramo. Il committente, il capo spirituale del monastero della Trinità di San Sergio, aveva chiesto al pittore una rappresentazione della Trinità che esprimesse il profondo senso di unità simboleggiato da questo dogma nell’ambito della Chiesa. I tre angeli hanno volti praticamente identici, dimostrazione del loro essere una cosa sola, senza ordine, senza gerarchia.
I colori ricorrenti, che nell’iconografia russa rivestono grande importanza simbolica sono:
- oro: simbolo di regalità, riveste l’angelo di sinistra, che rappresenterebbe Dio;
- rosso: simbolo del sacrificio, riveste l’angelo centrale (Gesù);
- verde: simbolo della vita, riveste l’angelo a destra (lo Spirito Santo)
Inoltre tutte le figure indossano dettagli blu, colore che simboleggia la vita eterna. Nel 1551, nell’ambito del Concilio dei cento capitoli, quest’opera venne definita l’icona delle icone, e ancora oggi essa rimane uno degli esempi più alti dell’arte delle icone sacre in virtù della spiritualità e dell’armonia ultraterrene che sa comunicare.