Annullamento matrimonio: quando l’amore non basta. La Chiesa cattolica lo consente, ma solo in alcuni casi. Vediamo quali.
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Il Matrimonio come sacramento istituito da Dio e da Cristo e dunque indissolubile da mano umana viene riconosciuto tra IX – X secolo. È uno dei sette sacramenti della tradizione cristiana. In particolare, è uno dei Sacramenti dell’edificazione della Chiesa, che rendono il fedele membro attivo nella creazione e propagazione della Chiesa nel mondo, o sotto forma di famiglia, o come comunità cristiana. Non è difficile capire perché sia così importante e inviolabile, e per come non sia possibile prendere alla leggera il concetto di annullamento del Matrimonio.
Nel sacramento del Matrimonio si celebra l’unione di Cristo con la santa Chiesa e in quest’ottica ogni unione assume connotati di una sacralità che trascende la volontà umana. Nel Catechismo della Chiesa cattolica leggiamo che: “Dio è amore e vive in se stesso un mistero di comunione e di amore. Creandola a sua immagine […] Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione». Capacità e responsabilità sono concetti molto profondi e forti, soprattutto in un’epoca come la nostra, in cui troppo spesso si tende a prendere le cose, anche quelle più serie e importanti, alla leggera.
Non per niente è Gesù stesso che si è pronunciato in più di un’occasione riguardo all’indissolubilità del matrimonio e sull’adulterio. Troviamo traccia dei Suoi insegnamenti nei Vangeli e nelle Lettere di San Paolo Apostolo.
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Così dice Gesù in Marco 10:6-12 ai Farisei che gli chiedono se sia lecito per un marito ripudiare la propria moglie, invocando l’atto di ripudio concesso da Mosè: “… all’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto.”
E poco dopo nello stesso passo del Vangelo di Marco aggiunge: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio.”
Dunque due battezzati uniti in matrimonio diventano una sola carne, congiunti in un legame voluto da Dio, che nessun uomo può sciogliere.
Gesù riconosce anche la gravità dell’adulterio, e tuttavia leggendo l’episodio dell’adultera nel Vangelo di Giovanni (Giovanni 8,1-11), vediamo come, nella Sua infinita bontà e misericordia, sia disposto a perdonare, purché ci sia dall’altra parte la volontà di non peccare più. Così a chi vorrebbe lapidare la poveretta e si crede senza peccato propone di scagliare la prima pietra. E a lei dice: “Neanch’io ti condanno; và e d’ora in poi non peccare più.”
Del resto già nel Vecchio Testamento l’adulterio viene deplorato in molti passi.
“Non commettere adulterio” (Esodo 20:14)
“Non commettere adulterio” (Deuteronomio 5:18)
Il divorzio per la chiesa cattolica è consentito solo in alcuni casi. Vediamo quali. Escludendo questi ultimi, se un uomo e una donna sposati in chiesa decidono di separarsi, il loro matrimonio per la chiesa rimarrà comunque valido. Se uno dei due intraprende una nuova relazione sarà un adultero, e se sposerà il nuovo partner vivrà nel peccato e sarò escluso dai sacramenti.
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L’annullamento del matrimonio presso la Sacra Rota
Vista l’indissolubilità del vincolo matrimoniale, neppure il Tribunale Ecclesiastico può annullare il matrimonio religioso. Può però dichiarare che esso sia stato nullo in origine, come se non fosse mai stato celebrato.
Consideriamo che per annullamento del matrimonio civile si intende la sua cancellazione. Di fatto sarà come se non fosse mai stato celebrato e tutti gli effetti prodotti dal matrimonio verranno annullati con efficacia retroattiva.
Così non è per il matrimonio religioso. Chiesa e divorzio non vanno molto d’accordo. Ad oggi il divorzio tra due cattolici provoca solo la cessazione degli effetti civili del vincolo coniugale, ma se uno dei due volesse potersi sposare una seconda volta con rito religioso dovrà rivolgersi al Tribunale Ecclesiastico. E neppure la Sacra Rota ha il potere di cancellare un matrimonio. Può solo certificarne l’invalidità, e solo in rari casi. La Sacra Rota riconosce dunque la nullità del matrimonio solo se sussistono le cause prescritte dal diritto canonico e unicamente in questo caso i coniugi sono sciolti da diritti e obblighi e possono eventualmente risposarsi in Chiesa.
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Sarà un avvocato ecclesiastico a valutare i presupposti per ottenere la nullità, e sarà sempre lui a depositare presso il Tribunale Ecclesiastico il libello, l’atto che descrive tutte le vicende che hanno coinvolto la coppia dal fidanzamento alle nozze. Da qui parte l’iter per il riconoscimento della sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale.
In caso di morte di uno dei due coniugi l’altro potrà risposarsi in chiesa, a tempo debito. Infatti per i cattolici il vincolo matrimoniale ha fine solo con la morte di uno dei coniugi, come recita la formula: “finché morte non separi.”
Le cause dell’annullamento del matrimonio
La chiesa riconosce l’invalidamento del matrimonio in caso per esempio di:
- Errore sull’identità o sulla qualità del coniuge, che può ricadere su una qualità di uno dei due oppure si può verificare se un matrimonio viene celebrato per procura;
- Nozze indotte con violenza o intimidazione;
- Uno dei coniugi non tiene fede almeno a una delle finalità essenziali del matrimonio religioso, vale a dire fedeltà, procreazione e indissolubilità del matrimonio.
- Mancanza di consenso da parte di uno dei coniugi, compresa la riserva mentale e la simulazione (per esempio se i coniugi si sono accordati prima delle nozze per non adempiere agli obblighi o per non esercitare i diritti che derivano dal matrimonio);
- Se si ha mancata consumazione del matrimonio, quando i coniugi non hanno avuto un rapporto sessuale completo;
- In presenza di impotenza sessuale di uno dei due coniugi;
- In presenza di mammismo, nel caso uno dei coniugi non riesca a staccarsi dai genitori.
L’enciclica amoris laetitia di Papa Francesco
L’enciclica Amoris laetitia, “La gioia dell’amore”, seconda esortazione apostolica di Papa Francesco, raccoglie le conclusioni definite dai due sinodi sulla famiglia indetti dal pontefice nel 2014 e 2015. Uscita nel 2016 presenta tra gli altri temi quello del divorzio nell’epoca moderna, mettendo a confronto la meditazione biblica con la realtà contemporanea della vita famigliare, il concetto di famiglia secondo la tradizione cattolica ed i vangeli, con alcune aperture verso i divorziati e i risposati civili che hanno suscitato controversie nel clero e diverse interpretazioni da parte di alcuni vescovi. Riportiamo solo la prima frase, che ci sembra nella sua semplicità e bellezza la più significativa per comprendere lo spirito dell’opera: “La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa.”
I divorziati possono sposarsi in chiesa?
La risposta a questa domanda è no. Il divorzio determina la “cessazione degli effetti civili del matrimonio”, ma il vincolo religioso non viene meno, e dunque i divorziati non possono risposarsi in chiesa. A meno che naturalmente il matrimonio religioso non sia stato dichiarato nullo dal Tribunale Ecclesiastico.