“Pensaci tu”: l’ammissione delle proprie debolezze è per il Signore il dono più bello. Scopriamo il significato dell’Atto di abbandono a Gesù di Don Dolindo Ruotolo
Atto di abbandono a Gesù
Perché vi confondete agitandovi? Lasciate a me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà. […] Abbandonarsi a me non significa arrovellarsi, sconvolgersi e disperarsi, volgendo poi a me una preghiera agitata perché io segua voi, e cambiare così l’agitazione in preghiera.
Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell’anima, stornare il pensiero dalla tribolazione, e rimettersi a me perché io solo operi, dicendo: pensaci tu.
Così recita l’“Atto di abbandono a Gesù” di Don Dolindo Ruotolo, un frate cappuccino vissuto tra il 1882 e il 1970. Un invito rivolto da Cristo stesso a tutti gli uomini, perché ricordino cosa significa appartenerGli essere cristiani in quando “di Cristo”, con tutto il cuore, con tutta l’anima.
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L’idea di un totale abbandono alla volontà di Dio può sembrare una manifestazione di fede meno profonda ed efficacie, rispetto a altre forme di devozione, all’andare a messa, alle preghiere quotidiane, alla recita frequente del Rosario, e così via. E invece, paradossalmente, è proprio nel momento in cui cessiamo di affannarci a fare qualcosa che siamo più graditi a Gesù. Non serve ripetere costantemente quali sono i nostri bisogni, le nostre richieste, ciò di cui abbiamo disperatamente bisogno. Questo Dio lo sa già molto bene, senza bisogno di prestare orecchio alle nostre preghiere. Né serve farci belli ai suoi occhi, ostentando la nostra fede con manifestazioni esteriori e superficiali, vantando una costante partecipazione alla messa, una frequenza esemplare nel recitare il Rosario o nel pregare. Siamo già belli agli occhi di Dio, per quello che sentiamo in fondo al cuore, per ciò che davvero siamo e sentiamo.
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Ci mancherà sempre qualcosa. Mai saremo pienamente soddisfatti, appagati. Viviamo in una costante situazione di bisogno, in uno stato di mancanza dal quale non possiamo sollevarci, perché essa è parte integrante della condizione umana. Ma non dobbiamo credere che la nostra debolezza, la nostra incompletezza, il nostro non essere in grado di procedere da soli, appaia agli occhi di Dio come qualcosa di negativo, un motivo di biasimo. Anzi! È proprio questa fragilità, questa inadeguatezza a renderci immensamente cari a Colui che, Padre misericordioso e buono, è sempre pronto a dimostrarci il Suo amore, ad accoglierci nel Suo abbraccio, per confortarci, per farci sentire a casa.
Dunque l’ammissione della propria debolezza è per il Signore il dono più bello. È proprio nel momento in cui ammettiamo di non farcela, di aver bisogno di Lui, che apriamo la strada al Suo amore, Gli diamo la facoltà di venirci in soccorso e amarci come Lui solo sa amare.
Vi dico in verità che ogni atto di vera, cieca e completa resa a me produce l’effetto che desiderate e risolve tutte le situazioni difficili.
Chi era Don Dolindo Ruotolo
Don Dolindo Ruotolo questo lo aveva compreso. Uomo santo, che trascorse tutta la sua esistenza in preghiera, dedicandosi a raccogliere le confessioni di innumerevoli cristiani, ponendosi come guida spirituale per chiunque ne avesse bisogno, aveva compreso profondamente quanto la nostra necessità, la nostra piccolezza fossero la giusta via per ricevere l’amore di Dio.
Arrendendosi ai propri limiti, ammettendo la propria debolezza, l’uomo si pone nelle mani di Dio, alla mercé della Sua misericordia, e tanto basta per vedere esaudite le sue preghiere. Secondo il frate un vero, autentico atto di resa vale più di qualsiasi affanno, preoccupazione, richiesta. Dio è lì per ascoltarci, basta chiedergli quello che ci occorre e dirgli: “Pensaci tu.”
Don Dolindo Ruotolo, che fu anche direttore spirituale di Padre Pio, ha aiutato moltissime persone che si sono rivolte a lui alla ricerca di aiuto e conforto. E per aiutarle faceva esattamente questo, si affidava completamente a Dio, invitando i diretti interessati a fare lo stesso. La preghiera di resa che Padre Dolindo Ruotolo ci ha lasciato, e che può essere recitata o letta per intero, o utilizzata come una novena, un segmento al giorno per nove giorni, anche all’interno della recita del Rosario, è un reiterarsi di un singolo concetto: “O Gesù m’abbandono in Te, pensaci tu!”
È un modo diverso di porgere le proprie richieste a Dio, di manifestarGli le proprie necessità, le proprie paure, i propri bisogni. Richiede una fiducia sconfinata, che viene dal profondo del cuore, come quella con cui un bambino si rivolge a un adulto, dando per scontato che ne riceverà aiuto, amore, l’esaudimento di tutti i suoi desideri. È questo che siamo, agli occhi di Dio, dei bambini bisognosi di amore e di aiuto, solo che il nostro orgoglio, il nostro amor proprio troppo spesso ce lo fanno dimenticare, ci rendono arroganti, solo superficialmente sottomessi. A Dio non si può concedere il beneficio del dubbio: o si crede in Lui, o non ci si crede, o ci si affida alla Sua volontà e al Suo amore, o tanto vale cessare di chiedere, di pretendere.
Questo è il messaggio di Don Dolindo Ruotolo, questo invito ad abbandonarsi completamente, a lasciar cadere ogni riserva, ogni resistenza, ogni ragione e perché. Tuffarsi nell’amore di Dio senza barriere, senza rete, confidando solo nel Suo abbraccio, pronto ad accoglierci.