La storia di santa Rosalia, patrona di Palermo

La storia di santa Rosalia, patrona di Palermo

Santa Rosalia, patrona di Palermo, viene festeggiata il 4 settembre. Conosciamo meglio questa santa tanto amata che sconfisse la peste e salvo la sua città.

Ancora oggi a Palermo e in altre città della Sicilia si celebra la memoria di Santa Rosalia, e non solo il giorno della sua morte, avvenuta il 4 settembre del 1170 nella grotta di Monte Pellegrino, dove la Santa viveva in pace e solitudine come eremita. I palermitani festeggiano Santa Rosalia, che loro chiamano affettuosamente Santuzza con una celebrazione speciale: u fistinu (il festino), che si tiene dall’11 al 15 luglio e che celebra la fine della pestilenza nel 1625 a opera della Santa.

Ma chi era Santa Rosalia, e perché è ancora tanto amata in Sicilia?

Storia della santa

Santa Rosalia è prima di tutto un personaggio storico, una giovane donna vissuta nel XII secolo, nella Sicilia dominata dagli Altavilla, una delle più importanti famiglie di origine normanna del tempo. Rosalia nacque nel 1130 e morì giovane, nel 1170. La sua nascita, così come la sua breve vita, sono ammantate da un alone leggendario, frutto della devozione popolare nata quando ancora la giovane santa era viva. Al di là delle testimonianze popolari e dei racconti scaturiti intorno alla sua figura, sappiamo che Rosalia de Sinibaldi nacque in seno a una delle più importanti famiglie della sua epoca. Suo padre era il conte Sinibaldo Sinibaldi, signore della Quisquina, discendente di Carlo Magno; sua madre, Maria Guiscardi, era legata alla corte normanna di Ruggero II. Presso quella stessa corte Rosalia visse l’infanzia e l’adolescenza, diventando una delle damigelle d’onore della regina Sibilla. La leggenda vuole che prima della nascita di Rosalia a Ruggero II d’Altavilla e alla prima moglie Elvira fosse apparsa una figura misteriosa che li avrebbe informati della nascita della bambina, definendola “una rosa senza spine”. Da qui il nome scelto per lei, Rosalia, che unisce insieme i termini latini rosa e lilium, “rosa” e “giglio”.

Promessa sposa a Baldovino, uno dei cavalieri più fedeli di Ruggero, alla vigilia delle nozze Rosalia vide il volto di Gesù nello specchio in cui si stava contemplando. Allora si tagliò le trecce e dopo aver comunicato alla famiglia, alla corte e al promesso sposo la propria decisione, abbandonò il palazzo e si recò presso il monastero del SS. Salvatore a Palermo, dove viveva una comunità di monaci che si ispiravano alla regola da San Basilio. Successivamente, per sfuggire alle continue visite dei genitori e di Baldovino, che non si rassegnavano ad averla perduta, Rosalia si spostò in una grotta presso Santo Stefano Quisquina, nei terreni di suo padre, dove visse per dodici anni come eremita. In un’altra grotta, quella di Monte Pellegrino, a Palermo, dove la ragazza si era rifugiata dietro invito della regina Margherita di Navarra, Santa Rosalia scivolò dolcemente dal sonno alla morte.

Nel 1624 Palermo fu investita da una spaventosa epidemia di peste nera, portata nell’isola da un brigantino proveniente da Tunisi carico di appestati. Giannettino Doria, vescovo di Palermo, tentò in ogni modo di portare soccorso e conforto alla gente dell’isola, ma il sant’uomo sembrava impotente di fronte alla calamità. Finché Santa Rosalia non apparve presso la grotta sul Montepellegrino.

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La prima a vederla fu Girolama La Gattuta, una ricamatrice di Ciminna, comune nell’area metropolitana di Palermo, malata di febbre maligna all’Ospedale Grande di Palermo. L’inferma un giorno vide una monaca vestita di bianco seguita da una scia di fulmini. La toccò e guarì miracolosamente. La monaca era Santa Rosalia, che chiese alla donna di recarsi sul Monte Pellegrino, dove nel frattempo era stato eretto un altare di pietra a lei dedicato, ma Girolama non lo fece e si ammalò nuovamente. Alla fine salì fino alla grotta il giorno di Pentecoste, con il marito Benedetto Lo Gattuto, e due amici. Qui bevve l’acqua limpida che sgorgava dalle pareti rocciose di una grotta e guarì miracolosamente. Girolama vide nuovamente la Santa che le rivelò dove si trovavano i suoi resti mortali. Il Vescovo Giannettino Doria venne avvertito e le spoglie della Santa furono recuperate sotto una grande lastra di marmo e calcarenite. Le ossa erano bianchissime, incastonate nella calcarenite, ed emanavano un intenso profumo di fiori. Furono portate nel Palazzo Arcivescovile per essere esaminate.

L’anno successivo, nel febbraio del 1625, Santa Rosalia apparve ancora sul Monte Pellegrino Vincenzo Bonello (o Bonelli), un saponaio di Monte di Pietà, in procinto di togliersi la vita dopo aver visto morire di peste la giovane moglie. La santa fermò il folle gesto e disse all’uomo che la peste avrebbe avuto fine se le sue spoglie fossero state portate in processione solenne attraverso Palermo, intonando il “Te Deum Laudamus”. Vincenzo raccontò di quell’apparizione al suo confessore, poi si ammalò di peste e morì.

Il 9 giugno 1625 ebbe luogo la processione come aveva richiesto Santa Rosalia, con l’arcivescovo di Palermo Giannettino Doria in testa, seguito da tutto il clero e dalle personalità politiche della città. Le reliquie della santa furono condotte sulle note del “Te Deum Laudamus”. L’epidemia si arrestò e la gente cominciò a guarire. Santa Rosalia può dunque a ragione essere considerata una delle sante da invocare in caso di epidemie e malattie.

Festino di Santa Rosalia

È proprio per ricordare il passaggio delle reliquie di Santa Rosalia attraverso Palermo e la conseguente fine della pestilenza che ogni anno dall’11 al 15 luglio si celebra il cosiddetto Festino di Santa Rosalia. 

Inizialmente si trattava di una grande processione che coinvolgeva diversi carri, appartenenti alle varie confraternite cittadine. Ancora oggi la tradizione delle confraternite rivive nel Festino. Una delle confraternite più antiche e famose è la Confraternita di Santa Rosalia dei Sacchi, formata da barbieri e calzolai fin dal 1635 e votata al culto della Santuzza. A quattro uomini appartenenti a questa confraternita veniva dato il compito di trasportare il dipinto della Santa conservato nella chiesa di Casa Professa. Sessantadue appartenenti alla Pia Congregazione di Maria SS. Annunziata, della categoria dei Fabbricatori – in seguito sostituiti dai Muratori – trasportavano invece la grande urna argentea contenente le sacre reliquie di Santa Rosalia, realizzata nel 1631 dagli argentieri palermitani utilizzando 412 kg. d’argento purissimo.

Nel 1686 un unico grande carro trionfale sostituì i carri piccoli. Ricostruito più volte venne arricchito di dettagli scenografici da molti famosi architetti palermitani. Nel 1701 Paolo Amato gli diede la forma di un vascello, che tuttora mantiene. Nel 1924 venne realizzato un carro fisso con una torre centrale alta 25 metri, per i trecento anni del ritrovamento delle spoglie della Santuzza. Ma praticamente ogni anno viene realizzato un carro nuovo. Sopra il carro c’è la statua della Santa ornata di rose, anch’essa rinnovata ogni anno. Ad accompagnarla in processione un corteo storico in costumi seicenteschi.

La sera del 14 luglio la grande processione parte dalla Cattedrale e procede lungo l’antico asse del Cassaro, la strada più antica di Palermo (oggi Via Vittorio Emanuele), fino al mare. L’itinerario, che attraversa anche porta Felice, vuole simboleggiare il passaggio dalla morte (la peste) alla vita (il mare, che verrà illuminato dai fuochi d’artificio).

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Il carro di santa Rosalia davanti alla cattedrale di Palermo

Musiche, canti e suggestive coreografie accompagnano il carro trionfale. Il Sindaco depone una corona di fiori ai piedi della statua di Santa Rosalia ai Quattro Canti, la piazza ottagonale all’incrocio dei due principali assi di Palermo: la via Maqueda e il Cassaro. Poi la processione prosegue fino alla Marina per il grande spettacolo pirotecnico.

Come molte altre feste patronali del nostro paese, il Festino di Santa Rosalia attira ogni anno decine di migliaia di turisti e fedeli, che accorrono per seguire la processione del Carro della Santuzza, e per gustare i piatti della tradizione popolare palermitana: la Pasta con le sarde (la pasta chî sardi), i babbaluci (lumache bollite con aglio e prezzemolo), lo sfincione (‘u sfinciuni), il polpo bollito (‘u purpu), calia e simenza (‘u scacciu), la pannocchia bollita (pullanca) e l’Anguria (‘u muluni).

Significato del nome Rosalia

Come abbiamo accennato, il nome Rosalia nasce dall’unione di due nomi di fiori in latino: la rosa, simbolo di regalità, e il lilium, il giglio, simbolo di purezza.

Rosalia sarebbe stata in origine una festa pagana dedicata ai fiori, una delle quattro solennia sacrificia dedicate ai morti. Oltre alla festa di Rosalia ricordiamo: Parentalia, Violaria e il compleanno del defunto. La festa si teneva in concomitanza col periodo di fioritura delle rose, quindi tra maggio e giugno.

Ma un’altra tradizione vuole leggere in questo nome un’etimologia germanica, da hroth (“gloria”, “fama”) o hros (“cavallo”). In effetti il nome venne portato in Sicilia dai Normanni. Potrebbe anche essere un adattamento dal francese antico Roscelin, col significato di ‘scudo glorioso’.

Il culto di Santa Rosalia, rappresentata sempre con i suoi due simboli, la corona di rose e il giglio, ha contribuito in larga parte alla diffusione e alla fortuna del nome.