La celebrazione della Domenica in albis unisce riti antichissimi e tradizioni popolari. Ecco come nascono le devozioni della seconda domenica di Pasqua
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Tutti conosciamo il valore della Settimana Santa, la settimana di Pasqua, e in particolare del Triduo Pasquale, gli ultimi giorni di questo straordinario tempo liturgico, che culminano con la Domenica di Pasqua. Ma quest’ultima ricorrenza non è la fine del tempo pasquale, bensì il suo inizio. È infatti con la Domenica di Pasqua che inizia l’Ottava di Pasqua, solennità del Signore, che di conclude la domenica successiva, la Domenica in albis.
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Anche la Pasqua ebraica, Pèsach o Pesah, non rappresentava la conclusione della solennità che ricordava la fuga del Popolo eletto dall’Egitto. Gli ebrei festeggiavano la cena di Pasqua la notte fra il 14 e il 15 del mese di Nisan, e da lì iniziavano i sette giorni della Festa dei Pani non lievitati, o Festa dei Pani Azzimi, un’antica festa propiziatoria per il raccolto in occasione della quale si cucinavano focacce di farina d’orzo senza lievito.
Per i cristiani l’importanza dei giorni successivi alla Pasqua, l’Ottava di Pasqua, nasce invece dall’apparizione di Gesù otto giorni dopo la Risurrezione come raccontato nel Vangelo di Giovanni 20,26-29:
“26 Otto giorni dopo, i suoi discepoli erano di nuovo in casa e Tommaso era con loro. Gesù venne, a porte chiuse, si presentò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. 27 Poi disse a Tommaso: “Porgi qua il dito e guarda le mie mani; porgi la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente”. 28 Tommaso gli rispose e disse: “Signore mio e Dio mio!”. 29 Gesù gli disse: “Perché mi hai visto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”
Comprendiamo così perché secondo la tradizione la Domenica in albis è conosciuta anche come Domenica di Tommaso, con riferimento all’apostolo incredulo.
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Che cosa vuol dire Domenica in albis?
La Domenica in albis è conosciuta anche come seconda Domenica di Pasqua, Domenica Quasimodo, o dei Quasimodogeniti (nella Chiesa luterana) dall’inizio dell’Antifona che apre il servizio religioso (Quasi modo géniti infántes, rationábile, sine dolo lac concupíscite, ut in eo crescátis in salútem, allelúia. “Come bambini appena nati desiderate il genuino latte spirituale: vi farà crescere verso la salvezza. Alleluia”); Domenica Antipascha (nelle Chiese orientali); Dominica de Thomas o di Tommaso.
Domenica in albis, o Domenica bianca, è la definizione per noi più “ufficiale”, dal latino Dominica in albis.
Il nome dato alla Domenica in albis deriva dalla consuetudine della chiesa cristiana dei primi secoli di amministrare il Battesimo ai nuovi fedeli la notte di Pasqua, nel corso della Veglia Pasquale. La formula intera sarebbe infatti Domenica in albis vestibus depositis, la domenica in cui le bianche vesti vengono deposte, con riferimento alle tuniche bianche indossate dai nuovi battezzati per tutta la settimana successiva alla Pasqua, e tolte, appunto, la domenica dopo Pasqua.
La Domenica in albis o la Domenica della Divina Misericordia?
La Domenica in albis è detta anche Domenica della Divina Misericordia, ma questa denominazione è molto recente, rispetto alle altre. È stato infatti papa Giovanni Paolo II a darle questo titolo solo nel 2000, in occasione della canonizzazione di santa Faustina Kowalska, consacrando questo giorno al culto della Divina Misericordia. Con questa nuova definizione il papa ha anche concesso in questa data speciali indulgenze. In una delle sue visioni Suor Faustina vide Gesù vestito di bianco, con una mano alzata in benedizione e l’altra posata sul petto, a indicare una ferita dalla quale fuoriuscivano due raggi di luce splendente, uno bianco, l’altro rosso, che rappresentavano rispettivamente l’Acqua che giustifica le anime e il Suo Sangue, che è vita. Fu Gesù a chiedere alla Santa di far realizzare una Sua immagine in questa forma e di diffonderne il culto con una celebrazione che avrebbe avuto luogo la prima domenica dopo la Pasqua, quando l’immagine avrebbe dovuto essere benedetta dal papa. Nacque così la Festa della Divina Misericordia.
Cosa vuol dire Lunedì in albis?
Per quanto riguarda la definizione Lunedì in Albis attribuita a volte al giorno di Pasquetta, nasce invece da una serie di errori di interpretazione che si sono stati portati avanti nel corso dei secoli, fino ad oggi.
Il lunedì successivo alla Pasqua, o Lunedì dell’Angelo, evoca il ricordo della visita di Maria, madre di Gesù, e di Maria Maddalena al sepolcro di Gesù. Le due donne lo trovarono aperto e vuoto, e incontrarono un Angelo che disse loro che Gesù era salito al cielo e che avrebbero dovuto informare gli Apostoli. Questo avveniva il giorno dopo Pasqua, ma non la Pasqua che noi festeggiamo di domenica, bensì la Pasqua ebraica, che cadeva di sabato. Dunque l’incontro delle due pie donne con l’Angelo sarebbe avvenuto di domenica, non di lunedì, e questo il primo errore.
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Inoltre abbiamo visto come la Domenica in albis prende il proprio nome dalle vesti bianche indossate dai nuovi battezzati nella settimana successiva alla Pasqua, come simbolo della purezza dal peccato ritrovata dopo il Battesimo. In nessun testo sacro di parla invece di Lunedì in albis, ma è probabile che la tradizione popolare abbia voluto definire Lunedì in albis il primo giorno in cui le vesti bianche veniva indossate.
In ogni caso, il lunedì di Pasqua non rientra nelle feste di precetto, ma è un giorno festivo nel calendario civile, una sorta di prolungamento della Pasqua, occasione per grigliate, gite e feste popolari.