San Martino de Porres: carità e umiltà come vocazione e stile di vita
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Può sembrare insolito parlare di santi e beati nel Perù coloniale del XVI secolo. Eppure anche tra le strade di Lima percorse da carrozze e da folle variopinte di mercanti, schiavi liberati e nobili spagnoli, albergava la santità. Anzi, proprio in questa città e in questa epoca controversa nacque un uomo destinato a diventare il primo santo mulatto della chiesa cattolica, un esempio di carità e spiritualità cristiane che fa ancora parlare di sé. Il suo nome era San Martin de Porres, conosciuto anche come San Martino de Porres, e la sua vita è stata un esempio di umiltà, compassione e amore per gli ultimi. Nel panorama dei Santi Americani, missionari, mistici, fondatori di scuole e ospedali, che gettarono le basi della fede cattolica in America fin dal XVI secolo, San Martino de Porres è un nome fondamentale.

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In un’epoca in cui solo pochi godevano di sicurezza economica e di un nome che li proteggesse dalle avversità, Martino nacque figlio illegittimo di un nobile spagnolo e di una schiava liberata afro-peruviana. Era il 1579, e fin da bambino sperimentò il peso del pregiudizio e della discriminazione. La sua è la storia di un ragazzo che non si lasciò abbattere dalle barriere sociali e razziali, ma che fece della sua condizione un dono, della sua sfortuna un’opportunità. Subendo in prima persona gli effetti dei preconcetti e la malevolenza delle persone, comprese più profondamente la sofferenza degli emarginati e scelse deliberatamente e consapevolmente di servire chiunque bussasse alla sua porta.
Questa generosità, così estrema da meritargli a volte perfino il giudizio severo dei confratelli, gli fece meritare il soprannome di “Martino della Carità”. Il suo volto e il suo nome divennero sinonimo di misericordia e la fama di questo umile frate domenicano, che seppe unire contemplazione e azione, preghiera e cura, estasi e lavoro quotidiano, giunse fino alle orecchie del Vicerè del Perù, che lo supplicò di pregare per lui. Ancora oggi chi si ferma davanti a una statua di San Martino de Porres, non scorge in lui solo un santo, ma un fratello universale, capace di parlare a chiunque viva sulla propria pelle ingiustizia, malattia e povertà.

La vocazione di San Martino di Porres
La vocazione di Martino germogliò piano, come un seme nascosto nella terra. Fin da giovanissimo mostrò un grande cuore e una sensibilità al dolore altrui sconcertante. Poco più che fanciullo si impegnò per imparare i rudimenti di medicina e di erboristeria con l’unico scopo di poter curare i malati più poveri, spesso abbandonati a loro stessi. A quattordici anni bussò al convento domenicano di Lima, ma data la sua condizione di illegittimo venne accolto dai frati come semplice “oblato”, “donato”, una sorta di servitore laico incaricato delle mansioni più umili, come spazzare i pavimenti, pulire i refettori, servire in cucina. Quello che agli occhi del mondo era un lavoro da servo, nelle mani di Martino diventò un sacrificio offerto a Dio in ogni gesto. “Il Santo della scopa” sarebbe diventato un altro dei suoi soprannomi, proprio per via di quell’umile arnese destinato al lavoro, che nelle sue mani e nella sua iconografia è diventato simbolo di servizio, sacrificio, umiltà.

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Ben presto i confratelli si accorsero che c’era qualcosa di incredibile in quel giovane: guariva ferite, leniva febbri, consolava i morenti con una dolcezza che sembrava sovraumana. Non faceva distinzioni tra ricchi e poveri, spagnoli o indigeni, cristiani o non credenti: tutti trovavano in lui ascolto e soccorso, una mano tesa, una parola di conforto. Il suo rapporto con gli animali fu altrettanto straordinario. Amava ogni creatura, cani randagi, gatti feriti, perfino i topi che infestavano i granai del convento. Li nutriva e li educava con tale pazienza che, si dice, persino i roditori rispettavano i confini della dispensa, radunandosi ordinati in giardino per ricevere da lui il cibo quotidiano. Non pago di curare gli esseri umani, curava anche cani e gatti sofferenti, per i quali creò un apposito ospedale. Per questo in molte delle raffigurazioni che lo rappresentano viene mostrato con cani, gatti e topi ai suoi piedi.
La sua vita spirituale era altrettanto intensa: trascorreva notti intere in adorazione e più volte fu visto in estasi. Per Martino, pregare e servire erano la stessa cosa: due lati dello stesso amore che lo legava indissolubilmente a Cristo e ai fratelli.
I miracoli di San Martin de Porres
Le cronache raccontano di miracoli e prodigi sorprendenti. Si dice che San Martin de Porres guarisse malattie ritenute incurabili: peste, tifo, febbre gialla. Spesso bastava una carezza, un’erba benedetta, una preghiera sussurrata, e il malato ritrovava forza e salute. “Io ti guarisco, Dio ti salva” soleva ripetere a chi lo ringraziava per l’avvenuta guarigione, dimostrando anche in questo caso un’umiltà commovente, l’assoluta consapevolezza di non essere nulla, davanti a Dio e alla Sua misericordia.
E poi ci sono i miracoli veri e propri, gli episodi di bilocazione, levitazione e preveggenza. Numerosi testimoni riferirono fenomeni inspiegabili: Martino appariva in più luoghi contemporaneamente, soprattutto quando i malati avevano bisogno di lui. E quando le scorte di cibo finivano, riusciva a moltiplicare pane e viveri come in un piccolo miracolo quotidiano. Ma forse il più grande miracolo di Martino fu la sua capacità di trasformare l’odio in riconciliazione, la diffidenza in fiducia, la discriminazione in abbraccio fraterno, in un mondo lacerato dalle divisioni. Riguardo alle sue capacità straordinarie si schermiva, scherzava, rispondeva con ironia, come se non fossero doni miracolosi, come se non avessero davvero importanza. Quando, di ritorno dalle sue sortite notturne fuori dal convento chiuso e sorvegliato, veniva interrogato su come potesse entrare e uscire non visto, rispondeva con un immancabile sorriso: “Io ho i miei modi, per entrare e uscire.” Battezzato nello stesso fonte battesimale di Santa Rosa da Lima, si dice che conobbe quella destinata a diventare la prima santa delle Americhe.

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Quando si festeggia San Martino de Porres?
La Chiesa celebra San Martino de Porres il 3 novembre, giorno della sua morte nel 1639. Quel giorno, raccontano i cronisti, tutta Lima pianse la perdita del frate che aveva guarito, nutrito, consolato e amato come un padre.
Il giorno della memoria liturgica di San Martino de Porres diventa ogni anno occasione di festa e riflessione. In Perù, processioni e celebrazioni popolari animano le strade e in molte città dell’America Latina si organizzano banchetti comunitari aperti a poveri e bisognosi, ripercorrendo i gesti di generosità del santo. Il 6 maggio 1962, Papa Giovanni XXIII lo canonizzò ufficialmente, riconoscendo in lui il patrono della giustizia sociale e dell’uguaglianza razziale. Da allora, il 3 novembre è un giorno in cui i fedeli di tutto il mondo ricordano che la santità non è privilegio dei potenti, ma dono che nasce dall’amore umile.

San Martino de Porres: preghiera
La devozione verso il “Martino della Carità” ha dato vita a tante suppliche e preghiere che esprimono in poche parole la sua missione di pace e servizio:
O glorioso San Martino de Porres, con l’anima inondata di serena fiducia, ti invochiamo ricordando la tua infiammata carità benefattrice di tutte le classi sociali; a te mite e umile di cuore, presentiamo i nostri desideri. Versa sulle famiglie i soavi doni della tua intercessione sollecita e generosa; apri ai popoli di ogni stirpe e di ogni colore, il cammino dell’unità e della giustizia; chiedi al Padre che è nei cieli la venuta del Suo Regno; affinché l’umanità nella reciproca benevolenza, fondata nella fratellanza in Dio, aumenti i frutti della grazia e meriti il premio della gloria.
Le statue di San Martino de Porres lo raffigurano con l’abito domenicano, un crocifisso e gli animali ai suoi piedi. Sono immagini devozionali, e in quanto tali a volte un poco ingenue, ma il loro messaggio è prorompente. Esse contengono un invito silenzioso a imitare l’esempio di questo piccolo uomo umile e straordinario e rendere la nostra vita quotidiana un’offerta di amore. Il mondo in cui viviamo, in guerra, diviso da razzismo e disuguaglianze, dominato da ingiustizie, ha più che mai bisogno di un sorriso mite, di una mano tesa verso i più poveri, i più fragili. Seguendo l’esempio di San Martino de Porres, il “Martino della Carità”, possiamo tendere molte mani, e così la sua carità e generosità continueranno a vivere, ogni volta che un cuore sceglie di servire, guarire, perdonare e amare. La vita di San Martino de Porres ci ricorda che la santità non è fatta di gesti eroici eclatanti, ma di piccoli atti d’amore ripetuti con umiltà e totale abnegazione. In lui, il Vangelo si è fatto carne nella carità concreta verso gli ultimi.


















