Mercoledì delle Ceneri: che cos’è

Mercoledì delle Ceneri: che cos’è

Carnevale sta per terminare. Dopo martedì grasso c’è il Mercoledì delle Ceneri, che segna l’inizio della Quaresima. Ma da cosa trae origine questa festa così particolare?

Qual è il significato del Mercoledì delle Ceneri? Da cosa deriva il suo strano nome?
Tutti conosciamo il Carnevale, quel periodo di festa in cui tutto è concesso (o quasi), in cui ci si traveste, si ride e si fanno scorpacciate di dolci tipici e cibi saporiti. Sappiamo anche che, finito il Carnevale, si entra nella Quaresima, il periodo di penitenza e digiuno che i cristiani vivono in preparazione della Pasqua, che dura quaranta giorni e inizia appunto il Mercoledì delle Ceneri per concludersi il Giovedì Santo.

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Il Mercoledì delle Ceneri dunque è una sorta di spartiacque, un passaggio importante e simbolico che decreta la fine degli eccessi e delle sfrenatezze del Carnevale, per entrare in un clima di austerità, ordine e rigore. E i fedeli cominciano subito a immergersi in questo nuova modo di essere. Se il Martedì grasso rappresenta l’ultima occasione per far festa e mangiare tutti i cibi ricchi e grassi, appunto, rimasti in casa, il Mercoledì delle Ceneri inizia con digiuno e astinenza dalla carne. Del resto, nel nome stesso del carnevale è racchiuso il senso di questa festa: esso deriva infatti dal latino carnem levare, “togliere la carne”.

Non tutte le città o le professioni di fede fanno coincidere l’inizio della Quaresima con il Mercoledì delle Ceneri. Per le chiese cattoliche di rito romano e molte chiese protestanti è così, ma a Milano, per esempio, vige ancora il rito ambrosiano, secondo il quale la Quaresima è posticipata di quattro giorni, ovvero inizia la domenica successiva a martedì grasso, tanto che in questa città si festeggia anche il Sabato grasso. Le ceneri che caratterizzano questa festa vengono imposte la domenica, o il lunedì, mentre digiuno e astinenza vengono posticipati al venerdì successivo.

Ma che cosa si celebra in questo giorno?

Significato delle Ceneri

La celebrazione delle Ceneri è di pubblica penitenza. O, per essere più precisi, rappresenta l’inizio di un percorso di rinuncia e sacrificio finalizzati a ottenere la purificazione la mattina del Giovedì Santo.

Il nome di questa particolare ricorrenza deriva dall’utilizzo ad essa associato della cenere benedetta, ottenuta dai rami di ulivo benedetti distribuiti la Domenica delle Palme dell’anno precedente, poi bruciati e conservati proprio con questo fine. Questa cenere viene usata dal sacerdote per tracciare una croce sul capo o sulla fronte dei fedeli durante la liturgia del Mercoledì delle Ceneri.

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Il rito delle Ceneri

Da sempre la cenere è simbolo di penitenza e della caducità della vita terrena, che rende indispensabile il convertirsi per ottenere l’unica vera immortalità. Questa simbologia legata alla fragilità umana ricorre spesso nella Bibbia. Pensiamo ad Abramo che si rivolge a Dio con queste parole: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere…” (Gen 18,27), o Giobbe che dice: “Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere” (Gb 30,19), solo per citare due passi.

Allo stesso modo ci sono molti passi delle Sacre Scritture in cui la cenere viene usata come simbolo di penitenza. Del resto la cenere veniva usata nell’ambito di manifestazioni di dolore e contrizione anche da civiltà precristiane. Nell’antica Grecia, per esempio, ci si cospargeva il capo di cenere per piangere la morte di una persona cara. In Medio Oriente, nell’antichità, per manifestare cordoglio o pentimento ci si versava cenere in testa, o ci si sedeva o rotolava nella cenere.

Il modo di dire “cospargersi il capo di cenere” nasce proprio da questa tradizione, e significa provare rammarico o pentimento per qualcosa.

Nella Bibbia pensiamo a Mardocheo che piange il destino di tutti i giudei condannati dal crudele Re Aman: “Si stracciò le vesti, si coprì di un sacco, si cosparse di cenere, e uscì per la città, mandando alte e amare grida” (Ester 4,1). Ma anche agli abitanti di Ninive che, convertiti da Giona, si vestono di sacchi, mentre il loro re siede nella cenere (Gio 3,5-9), o Giuditta che invita il popolo a fare penitenza per invocare l’aiuto di Dio contro gli invasori: “Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore” (Gdt 4,11). Anche Gesù stesso invoca la cenere come segno di pentimento e contrizione: “Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida; perché se in Tiro e in Sidone fossero state fatte le opere potenti compiute tra di voi, già da tempo si sarebbero ravvedute, prendendo il cilicio e sedendo nella cenere” (Lc 10:13).

Già nel X secolo era diffusa l’usanza di benedire le ceneri. La benedizione delle ceneri è un sacramentale, uno degli atti di culto istituiti dalla Sede Apostolica al fine di ottenere benefici spirituali. Chi le riceve lo fa invocando lo spirito della vera penitenza.

In passato, nel corso della funzione delle Ceneri, il sacerdote imponeva le sacre ceneri sulla fronte dei fedeli recitando questa formula: “Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris”, ovvero “ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai (Genesi 3,19)”.

Con il Concilio Vaticano II si stabilì di cambiare questa formula, che tuttavia viene ancora utilizzata nella forma extraordinaria del rito romano. La nuova formula che accompagna l’imposizione delle ceneri è: “Pænitemini, et credite Evangelio”, Convertitevi e credete al Vangelo (Mc 1, 1-15). Tale formula è tratta dal Vangelo di Marco. Ecco il brano per esteso: “Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù venne in Galilea, predicando il Vangelo di Dio. Diceva: ‘Il tempo è compiuto e il regno di Dio è giunto: convertitevi e credete al Vangelo’”.

Le due formule sono in realtà in qualche modo consequenziali, perché chi è consapevole della caducità della propria condizione umana, del suo inevitabile destino a divenire polvere, può trovare solo nel Vangelo e nella sua promessa la salvezza eterna.

La messa delle Ceneri prevede il colore viola per i paramenti sacri. Il sacerdote celebrante indosserà stola e casula viola, mentre il diacono stola diaconale e dalmatica viola.

La celebrazione liturgica prevede l’imposizione delle ceneri in sostituzione dell’atto penitenziale. Il Sacerdote benedice le ceneri dopo l’Omelia.

Digiuno del mercoledì delle ceneri

Il digiuno ricorre in tutte le religioni, da sempre. Anche ai giorni nostri i musulmani celebrano il Ramadan, gli ebrei il kippur e i cristiani la Quaresima.

I cristiani praticano il digiuno e l’astinenza dalla carne come penitenza in alcuni giorni dell’anno, regolati dalla costituzione apostolica Paenitemini del 17 febbraio 1966 scritta da papa Paolo VI e dettagliate nel Codice di Diritto Canonico.

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In particolare, i fedeli, a partire dai diciotto anni e fino a sessanta, devono rispettare il digiuno ecclesiastico e l’astinenza dalle carni due volte l’anno, il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo. Il Sabato Santo i due obblighi sono consigliati.

Il digiuno non significa che non si può mangiare nulla. Viene concesso un solo pasto durante la giornata, si può bere acqua e ci sono eccezioni accettate per i malati e per chi ha problemi di varia natura.

L’usanza di osservare il digiuno in occasione del Mercoledì delle Ceneri risale a San Gregorio Magno, VII secolo. Allora il mercoledì precedente la I domenica di Quaresima veniva chiamato caput ieiunii, “inizio del digiuno”, o anche caput Quadragesimae, “inizio della Quaresima”.

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Anche l’astinenza dalle carni è regolata dalla costituzione apostolica Paenitemini. La Chiesa cattolica impone di non mangiare carne nei “giorni di magro”. Il venerdì è considerato giorno di magro, durante il quale è concesso mangiare il pesce. Questa regola vale per tutti i venerdì esclusi quelli nei quali cade una festa di precetto, ovvero una delle solennità riportate nel calendario liturgico.

Oggi si possono considerare anche altre forme di astinenza e penitenza da praticare durante la Quaresima, oltre al digiuno. Fumo, televisione, bevande alcoliche, ma anche uso dei social. Tutto ciò insomma che comporta un sacrificio da parte nostra può diventare un modo per manifestare il nostro desiderio di purificazione.

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