La resurrezione di Lazzaro rappresenta un punto di non ritorno per Gesù. Da qui inizia il Suo cammino inesorabile verso il destino che Dio ha voluto per Lui
Abbiamo raccontato di Marta, Maria e Lazzaro di Betania in un articolo dedicato all’amicizia. Infatti per Gesù avere degli amici era importante quanto lo è per qualsiasi persona. Eppure il racconto della resurrezione di Lazzaro narrato in Gv 11,1-45 è molto più di una semplice storia di amicizia. Anzi, il tema dell’amicizia passa in secondo piano, dal momento che Lazzaro non parla, tutta la scena è occupata da Gesù che, chiamato dalle due sorelle dell’amico per salvarlo dal male che lo ha colpito e trovandolo già morto da quattro giorni, invoca la potenza di Dio Padre per riportarlo in vita. Eppure l’amore che Gesù portava a Lazzaro è indubbio: il Cristo scoppia a piangere davanti al sepolcro di Lazzaro, è turbato e commosso dalla disperazione di Maria, sua sorella, che Lo supplica di salvare il fratello, mentre Marta, come sempre, resta chiusa in casa, custode della famiglia e del riparo da essa offerto.
Marta, Maria e Lazzaro: gli amici di Gesù
Il 29 luglio si celebra la memoria di Marta, Maria e Lazzaro di Betania. Ecco perché questi santi erano tra i più cari amici di Gesù…
La scelta di Giovanni di raccontare questo episodio, che appare unicamente nel Vangelo che porta il suo nome, e non è citato negli altri Vangeli, ha un significato più profondo, simbolico e profetico. È proprio nel momento in cui Gesù si reca a Betania e resuscita Lazzaro che il Suo destino di compie. Mostrando il Proprio potere davanti ai tanti giudei accorsi per piangere la morte dell’uomo, Gesù rivela se stesso, senza più maschere, senza limitazioni. Da questo momento diventerà un bersaglio per i Suoi nemici. Sceglie consapevolmente di recarsi in Giudea, sebbene sappia che là lo odiano. I discepoli tentano infatti di dissuaderlo: “Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?” (Gv 11,8). Ma Lui ha già fatto la Sua scelta.
Lo ammette Lui stesso poco dopo: “Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. 42 Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato»” (Gv 11,41-42).
In quest’ottica, la Resurrezione di Lazzaro diventa come e più degli altri miracoli una dimostrazione da parte di Gesù della ragione della Sua presenza nel mondo, una dichiarazione d’intenti che diventa anche un messaggio da parte di Dio.
Significativo anche il fatto che Gesù non parta per Betania appena riceve notizia delle condizioni di Lazzaro. Egli aspetta due giorni, partendo solo il terzo, e in questa scelta da parte dell’Evangelista Giovanni leggiamo una chiara intenzione profetica: il terzo giorno sarà quello scelto per la partenza, come il terzo giorno sarà quello in cui il Cristo resusciterà.
Alzati e cammina
Gesù si reca presso il sepolcro seguito dai discepoli. “Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo” (Gv 11,11). Non è un semplice viaggio da un luogo all’altro, è un punto di non ritorno che viene superato dal Salvatore, nella piena consapevolezza di non poter tornare indietro da lì in poi. Ha atteso due giorni perché la morte di Lazzaro era funzionale a quello che Egli aveva in mente di compiere, era un sacrificio necessario per attivare la fede dei discepoli, per spingerli a credere. Da qui in poi il Vangelo di Giovanni accelera, come se fosse stato attivato un meccanismo irreversibile, una catena di eventi sempre più ravvicinati e frenetici destinata a culminare con la Passione e la morte di Gesù.
L’invito che Gesù rivolge a Lazzaro, “Alzati e vieni fuori” (Gv 11,43), è il compimento di quanto da Lui promesso a Marta: “Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26 chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno»” (Gv 11,25-26).
Da qui in poi nulla potrà più essere come prima.
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Resurrezione di Lazzaro di Caravaggio
La resurrezione di Lazzaro ha ispirato molti artisti nel corso dei secoli. In particolare Caravaggio realizzò nel 1609 uno splendido dipinto che raffigura questo episodio del Vangelo di Giovanni. L’opera, conservata al Museo Regionale di Messina, venne commissionata all’artista, appena fuggito dalle prigioni di Malta, da un mercante genovese, Giovanni Battista de’ Lazzari. Si tratta di un quadro dal realismo sconvolgente, circonfuso di un’oscurità cupa, in cui la figura di Lazzaro, investito dalla luce divina evocata dal Cristo, emerge con drammatica bellezza e intensità, le braccia aperte in un gesto che richiama la Croce. La leggenda vuole che per ritrarre il corpo di Lazzaro il famoso pittore abbia preteso un vero cadavere retto da facchini.